Mestieri
rappresentante di commercioLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
Argentina, GermaniaData di partenza
1974Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri) Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Pietro ha quattro anni. La sua mamma sta finendo i preparativi per la partenza: andranno in Argentina, a raggiungere il papà.
La nonna si dà da fare-attorno al fuoco, “u casciune” è aperto e a mano a mano si riempie di roba. Una scatola di scarpe è per terra, aperta, s’intravedono, semicoperti dalla carta velina, un paio di “scarpini” marrone con i lacci sciolti.
“U vasciu” è nella penombra. Dalle fessure delle tavole della mezza porta penetra un sottile raggio di sole che posa il suo occhiello luminoso sul pavimento in fondo. È un pomeriggio del 1954 e presto sarà sera.
Nell’aria c’è una nota triste. Non me ne rendo conto coscientemente, ma l’espressione della faccia di mia madre e il fare rigido e amaro di nonna me ne dà conferma.
Nell’orto ci sono gli zii, i vicini, i parenti. Poi saluti, abbracci, lacrime. Perché?
Una stazione ferroviaria. Un treno nero a vapore, enorme, con un fumaiolo che spruzza una nuvola bianca di fumo. Noi siamo seduti in uno scompartimento. Io sto dalla parte del finestrino, accanto a mamma,di fronte c’è lo zio, il secondo dei miei tre zii. Sotto di noi, fuori, sulla banchina, poggiato con le spalle ad una colonna rettangolare ricoperta di marmo bianco, una gamba piegata all’indietro contro la colonna stessa e la mano destra sugli occhi mentre con la sinistra si regge il gomito, sta l’altro zio, il più giovane, il terzo. Ha il cappotto lungo, aperto sul petto, alla sportiva, come lo porta lui. Mia madre singhiozza e mio zio, con noi sul treno, con sguardo sprezzante e tagliente, a bassa voce, sento che dice: ” Che ti piangi! E finiscila!”.
Una folata di vento porta la fragranza del mare distante solo poche decine di metri dalla stazione. Lentamente il treno comincia a muoversi. Mio zio rimane sul marciapiede, sempre con gli occhi coperti dalla mano, il suo petto ora è scosso da singhiozzi. Il treno va acquistando velocità, mia madre, con la faccia appiccicata al vetro del finestrino e gli occhi attaccati a mio zio rimasto a terra, con un filo di voce dice: “Gisbè!”e lui va scomparendo mentre il treno lascia la stazione.
Comincia il viaggio!
Il viaggio
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