Mestieri
Collaudatore alimentatori e ricetrasmettitori, collaudatore in cantieri autostradali ed edili, libero professionistaLivello di scolarizzazione
perito industrialePaesi di emigrazione
CanadaData di partenza
1967Data di ritorno
1975Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Mauro Nerucci è in Canada da tre anni.
Non c’è niente di più odioso del puzzo di fritto mescolato con quello dell’aceto caldo, che invade le strade delle grandi città del nord America. È la riflessione che faccio camminando sul ghiaccio dei marciapiedi di Montreal. Il puzzo, il freddo, questa moltitudine di imbacuccati che non pensa altro che a lavorare e a spendere. Mi sento sempre straniero, nonostante cinque anni di “vita canadese”.
Ma oggi sono contento, sto andando al Consolato Italiano per dei documenti; sono sinceramente emozionato, tra poco sarò quasi in Italia. Il ridicolo è che quei documenti che dovrebbero venire dall’Italia mi servono per restare qui. Qui al freddo, con il puzzo di fritto e di aceto caldo. Ma chi me lo fa fare! Non capisco, ma forse l’ho dimenticato. Quasi, quasi torno indietro.
Salgo la scaletta coperta da un tappeto verde, serve per evitare che sugli scalini si formi il ghiaccio. Busso, dopo un po’ mi viene aperta la porta, un tipo moro con balletti e un perfetto accento romanesco mi chiede cosa voglio. Cerco di spiegarmi, lui stenta a capire, mi pianta lì ed entra in un ufficio; attendo in piedi poi mi fa passare.
Un altro tipo, moro pure lui però senza baffi ma anche lui con l’accento romanesco, mi fa mettere a sedere e mi chiede in che cosa può essermi utile. Gli spiego che mi servono alcuni documenti italiani, autenticati dal Consolato; gli do l’elenco. Legge, poi alzando la testa sconsolato mi fa capire che la cosa presenta molte difficoltà, perché prima di tutto dovrebbe scrivere una lettera in Italia, sperando che arrivi e che sia presa in considerazione dai vari uffici.
“Lei non sa ma gli uffici degli Enti Pubblici italiani sono sommersi dalle pratiche, bisognerebbe che qualcuno di sua conoscenza ci potesse stare dietro”. Mi fa capire che è molto meglio che mi arrangi da solo magari rivolgendomi a qualche mio parente. Prosegue: “Poi, dopo, magari telefonando prima per prendere l’appuntamento, può venire qui per il timbro di autenticazione”.
Ho capito, avevo dimenticato che queste sono storie lunghe e con la fine incerta. Cerco di raccogliere qualcosa di positivo da quell’incontro; in quella stanza ci sono due bandiere italiane: una grande dietro la scrivania del Signore moro senza baffi, un’altra molto più piccola appoggiata in un angolo vicino ad una porticina che ha lo stesso colore delle mura della stanza. Azzardo: “Potrei avere quella bandiera? – Ammicco quella piccola, appoggiata nell’angolo – La pago”.
E lui sorridendo:
“Ci mancherebbe anche questa, e noattri a do ci asciugamo le mane”. Mi viene in mente un fatto di tanti anni addietro, un altro Signore, anche lui una specie di Console di Roma, quello però le mani se le lavava non se le asciugava, e poi se ci penso bene si trattava di un fatto molto più importante. Esco, sotto i miei piedi sento il tappeto verde, quello per non scivolare, il suo colore si confonde con il bianco della neve che scende.
Fa meno freddo, poi pensandoci bene il puzzo di fritto e di aceto ribollito non è poi così schifoso.
Il viaggio
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