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Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Terzo giorno di prigionia a Olloy, in Belgio, per Mario Bosisio e gli altri prigionieri di guerra italiani catturati dopo la disfatta di Caporetto.
Il terzo giorno di buon mattino fecero l’adunata e l’appello, poi in tanti gruppetti di dieci di noi ed una sentinella, si lasciò l’accampamento per il nostro nuovo lavoro. La cava era di dimensioni assai vaste. Si estraeva del sasso vivo precedentemente smosso con le mine. Il nostro lavoro consisteva nel picchiar sodo, con delle grosse mazze su blocchi enormi di sasso per spaccarli. Era proprio un lavoro adatto per noi! Ad ogni colpo sul sasso, cadeva colla massa anche la nostra carcassa, tant’era la debolezza nelle gambe e nel fisico ormai ridotto a cenci. Si dovevano poi riempire i vagoncini, ed a carico completo si dovevano spingere e rovesciare nelle colossali macchine di macinazione. Da queste uscivano smussati in serie e nelle diverze dimensioni ed andavano a finire per mezzo d’una serie di ingranaggi accopiati, direttamente sui vagoni.
Venivano a farci visita vicino ai reticolati, donne e bambini, donandoci pane, marmellata, frutta e piccoli oggetti svariati ed utili. Per i primi due giorni le sentinelle le lasciarono fare, e questa brava gente aveva fatto a gara, a portarci tutto quello che poteva disporre, allo scopo di aiutarci. Poi venne un’ordine severissimo che dette fine a questo nostro vantaggio. Più nessun borghese, d’ambo i sessi, avrebbe potuto avvicinarsi alla rete, pena la fucilazione. Sapevano ben far rispettare le loro leggi di guerra quei tognini del chiodo! Ma la nobile gente belga non tremò né indietreggiò a queste minacce. A debita distanza mandavano dei ragazzi in corsa, e mentre la sentinella si voltavano questi gettavano prontamente dei pacchetti di roba. Peccato che come era accaduto nel Lager colle sigarette dei Russi avveniva un parapiglia per raccoglierli a volo, e poi ancora lotte accanite per dare la sua parte anche ai piedi. Eravamo diventati ancora più bassi della categoria dei carni randagi, quelli che vanno raspando nel putridume per sfamarsi.
Il viaggio
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