Mestieri
pittriceLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
Stati Uniti d'AmericaData di partenza
1947Data di ritorno
1979Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Temi
È il 1947 quando Elvezia Marcucci, nata nel 1910 a Grosseto, decide di lasciare l’Italia per emigrare negli Stati Uniti. È una donna giovane, ha appena compiuto 37 anni, ma la vita le ha già mostrato il suo volto peggiore. A Grosseto la famiglia di Elvezia gestisce quello che all’epoca si chiama il Caffè Greco. Risiede “in Via Roma, e nella casa c’era un appartamento per ciascuno di noi figli e quello di mia madre. Noi eravamo al secondo piano. Era arredato bene, con finestre grandi ben esposte, allora, al sole primaverile”. Su questa luce, su questa normalità, cala il buio quando a diciassette anni subisce uno stupro e rimane incinta. Nasce Mirella, mentre Elvezia si ritrova costretta a sposare chi le ha fatto del male, un “ragazzo prepotente e violento, uno dei primi fascisti di Grosseto”, che usa il manganello anche contro di lei. In una di queste occasioni finisce in ospedale, dove subisce l’asportazione di un rene. Nonostante tutto resta al fianco di quell’uomo con il quale, nel frattempo, mette al mondo un secondo figlio che chiama Enrico. Sarà la guerra a portarle via il marito, ucciso a trentaquattro anni dai partigiani in zona Montemassi, Roccastrada. Dopo la Liberazione la figlia Mirella si sposa con un giovane e brillante fisico, Oreste Piccioni, collaboratore a Roma di Enrico Fermi. Nel 1947 Fermi chiama Oreste a lavorare a Chicago e anche Mirella si trasferisce in America. È allora che Elvezia decide di recidere, temporaneamente, il legame con l’Italia. E di raggiungere la figlia. Si apre così una lunga e pacifica parentesi di vita, coronata con un nuovo matrimonio. Sposa Joe, un “uomo tranquillo, buono anche se non bello”, anche per avere la cittadinanza americana, lavora e riesce finalmente a esprimere la sua vocazione artistica, dedicandosi con successo alla pittura. Presto riesce a farsi raggiungere anche da Enrico, e a costruirsi una vita serena con figli e nipoti accettando con disinvoltura divorzi e famiglie allargate. Di tanto in tanto solo la nostalgia per la sua terra, per la Maremma, arriva a turbare l’equilibrio raggiunto. Ed è nella sua terra che torna vivere a settant’anni quando, rimasta vedova dopo trentadue anni di matrimonio, decide di lasciare gli Stati Uniti. L’eco dei dolori sofferti durante la guerra non è sparita, ma è attenuata dal suono della risacca sull’amata spiaggia della Marina, dalle pennellate con cui colora le tele nel suo studio di Grosseto, dalla pace interiore che le ha restituito la sua seconda vita.
Il viaggio
I racconti
Qualche dollaro nella borsetta
Eravamo nel 1947, allora io avevo trentasette anni e mi trovavo sulla nave che da Napoli,...
Sposare un americano
Raccontai a Nicla, e qui non ridevamo, che per me avere la cittadinanza americana, che era...
Insieme a Joe
Scrissi a Mirella quanto mi era accaduto, e che stasse tranquilla per me, perché ero contenta...
Il ritorno in Italia
Dopo qualche mese dalla morte di Joe, non trovai più lo scopo di rimanere in America,...