Mestieri
impiegatoLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media inferiorePaesi di emigrazione
AlbaniaData di partenza
1928Data di ritorno
1949Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)È finita la Seconda guerra mondiale ma la famiglia Canciani, emigrata in Albania sin dal 1930, non trova pace: ora è il regime comunista guidato da Enver Hoxha a creare problemi agli italiani.
Il 18 aprile (1949, Ndr), avvertirono mio padre di partire subito per Durazzo e presentarsi al porto per l’imbarco. Per noi fu come un fulmine a cielo sereno, nessuno si aspettava una decisione così repentina, con soli tre giorni di preavviso. La lista dei partenti era composta da 56 nomi, non figurava il mio e quello della mia nipotina Nina. Ottenni in fabbrica un permesso di pochi giorni; preparammo in fretta tutto quello che si poteva trasportare nelle valige, il resto fu abbandonato. Dopo aver tentato inutilmente di ottenere un mezzo di trasporto, assieme ad altri fummo costretti a noleggiare un carro agricolo trainato da un cavallo striminzito. Partimmo da Tirana la sera del 19 aprile, non ci fu il tempo di avvertire, ne di salutare nessuno degli amici. Un solo compagno di lavoro, Albanese, Petrit Toptani ex nobile, ridotto dal regime ad operaio. Mi accompagnò per un tratto di strada correndo a fianco del carro; racconta agli Italiani la verità sul comunismo, furono le ultime parole che mi disse urlando. Il viaggio, prosegui nella notte, cadenzato dagli zoccoli del cavallo, a circa metà strada, in una salita fummo costretti a scendere dal carro e spingerlo, il carico era troppo pesante per un cavallo denutrito.
Arrivammo a Durazzo nella mattinata del giorno 20. Avevamo impiegato dodici ore per percorrere 38 Km. Ad attenderci c’ero mio cognato Camoni avvertito con telegramma. Era venuto a salutare la figlia Nina e concedere l’autorizzazione per includerla nella lista dei partenti. – Per quanto mi concerne, il problema fu risolto senza imprevisti, in quanto, appartenente allo stesso nucleo famigliare – Trascorremmo la notte all’albergo Volga che si affacciava sul mare nelle vicinanze del porto. La mattina del 21 ci alzammo riposati, e subito ci affacciammo alla finestra da dove si potevano vedere le navi ancorate in porto, ma non distinguere la nazionalità. Avevamo il timore che l’attesa dell’imbarco si prolungasse per giorni, forse settimane; era già successo ad altri gruppi rimpatriati in precedenza. Poche ore dopo la nostra incredulità fu smentita ed i timori all’improvviso svanirono. […] A mezzogiorno, pranzammo in albergo e subito dopo vennero a prenderci e ci accompagnarono alla dogana. Camoni non aveva il permesso per entrare all’interno del porto, dall’ingresso continuava a salutarci sventolando un fazzoletto. Nel tardo pomeriggio c’imbarcammo sulla nave Laura che ci attendeva alla banchina. Il cavo d’ormeggio di una grossa nave sovietica, impediva alla nostra di usare i mezzi di bordo per caricare i nostri bagagli e fummo costretti a trascinarli, usando una passerella per salire a bordo, con il rischio di cadere in mare. Dall’alto; alcuni marinai Russi si godevano lo spettacolo burlandoci.
II comandante e l’equipaggio del Laura ci accolsero con molta cordialità, provvidero subito a distribuire con le bevande, pane bianco e mortadella, da tempo non eravamo più abituati a vederli sui nostri tavoli. Finalmente riuscimmo a dare una risposta ad una serie di eventi che per noi erano incomprensibili. Il capitano c’informò che eravamo oggetto di uno scambio con una decina di Albanesi naufragati sulle coste pugliesi, sbarcati il mattino. Li avevamo notati alla dogana, isolati su una terrazza e sorvegliati dalla polizia. Non seppi mai se si trattò di vero naufragio o di una fuga.
La nave che ci ospitava era adibita al trasporto merci, non erano previste cabine per passeggeri, ci sistemarono alla meglio nella stiva su dei pagliericci. A notte inoltrata, sdraiati sui giacigli, udimmo il rumore delle eliche ed il rullio della nave ci avverti che era giunta l’ora tanto attesa, avevamo lasciato per sempre l’Albania. Penso che quella notte, nessuno abbia potuto dormire. Al mattino presto tutti eravamo sul ponte. La corvetta Scimitarra della marina miliare, ci aveva atteso al limite delle acque territoriali; passo veloce accanto a noi, il comandarne, con il megafono ci diede il primo saluto della patria. […] Erano circa le dieci del mattino, quando vedemmo spuntare all’orizzonte quel suolo benedetto e sospirato e la brezza natia, sull’arsa fronte il bacio ci donò del bentornato.
Il viaggio
Mestieri
impiegatoLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media inferiorePaesi di emigrazione
AlbaniaData di partenza
1928Data di ritorno
1949Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Gli altri racconti di Arnaldo Canciani
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