Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
Libia, IsraelePeriodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Dopo la partenza del fratello Larry per la Palestina, Giulia Arbib accetta un lavoro negli uffici postali di Tripoli con mansioni di addetta alla censura.
L’indomani della sua partenza, con circospezione e la dovuta cautela informammo la mamma e il papà. Quest’ultimo rimase impietrito, ma gli si leggeva negli occhi un misto di disperazione a di orgoglio e l’impossibilità di consolare la mamma che, per contro, urlò e pianse rimproverandoci l’arbitrio del nostro operato in combutta. Ce ne disse di tutti i colori, ma poi, sapendo com’erano andate le cose, si rabbonì suo malgrado, e sembrò rassegnarsi a quest’alternativa piuttosto che saperlo assassinato in quei terribili tre giorni. Fu perfino contenta quando la misi al corrente del mio piano, quello di lavorare, dove e perché. Era il 24 di marzo, primo giorno d’assenza di Larry da casa. Terminata la concitata discussione coi genitori, uscii, con la loro benedizione, e mi recai, verso le h.10, al Palazzo delle Poste. Lì mi presentai ai dirigenti dell’Ufficio della censura per ottenere quel impiego che più volte mi proposero, ma che io non accettai mai. Avevano bisogno di una o un censurista bilingue per censurare la corrispondenza estera e soprattutto ebraica, quella proveniente della Palestina. Per più di due mesi continuarono ad invitarmi ad un colloquio, poi cessarono: non m’interessava e non risposi nemmeno alle loro lettere, dunque era normale e prevedibile che vedendomi arrivare, si sorprendessero e mi chiedessero il motivo di quell’improvvisa decisione. Ma io preparai una credibile risposta presentandomi col piede fasciato al metatarso ben stretto alla caviglia che mi dava un gran fastidio e mi costringeva a zoppicare. Per cui alla loro prevista domanda glielo mostrai asserendo d’esser caduta circa due mesi prima e che il terribile male mi fece pensare ad una frattura alla caviglia perché non mi riusciva di posare il piede per terra. Ma per fortuna – mentii – alla radiografia risultò solo una brutta distorsione che dovevo però curare con pediluvi, massaggi e molto riposo. Non potevo sapere quando sarei guarita, perciò non ho risposto alle vostre lettere e ve ne chiedo scusa. Ora sto bene seppur non completamente guarita – dissi – ma posso camminare ed eccomi qua se mi volete ancora, se no… pazienza.
Loro bevvero quella frottola, ma io tremavo pronunciando quel “pazienza”, tenevo molto a quel posto ormai, lavorare alla censura voleva dire non essere censurati, come seppi da una mia amica che vi lavorava: “I censuristi avevano diritto di mettere personalmente le loro lettere nei sacchi postali in partenza, poco prima della piombatura”, mi assicurò. Quale migliore soluzione per avvisare Urania mia sorella che abitava Tel-Aviv avendo sposato vari mesi prima un ufficiale palestinese? Dovevo assolutamente informarla e subito, perché la mia lettera potesse giungerle – per aereo – prima dell’arrivo di Larry. Ma restava da vedere se mi assumevano e quando, perché, passati due o tre giorni, la cosa avrebbe perduto quell’importanza e urgenza che io le attribuivo. Temevo tanto che rimandassero la mia assunzione al primo del mese entrante. Con questi pensieri che mi frullavano nel cervello mi sentii rivolgere varie domande dal dirigente:
– Quali lingue parla scrive a legge e traduce correttamente, signora, oltre all’italiano?
– Ebraico e francese.
– E l’inglese? No?!
– No.
E quel “no” lo dissi istintivamente cosi secco, che credette che io non lo capissi nemmeno, ma io intendevo di non conoscerlo a fondo come le altre al punto da poter tradurre perfettamente. Ma per fortuna non rettificai la mia asserzione, perché quando mi accompagnò dal Direttore Capo, gli parlò in inglese, certo che io non capissi nulla.
Il mio lavoro mi piaceva, mi serviva e mi rendeva utile ai miei fratelli che combattevano laggiù. Dopo appena 4-5 giorni ricevetti la sua entusiastica risposta che prometteva di eseguire le mie istruzioni, dicendosi impaziente di riabbracciare Larry ecc.ecc. Poi quando furono insieme a casa, mi scrissero una lunga lettera in cui lui esultante, straparlava disordinatamente… ringraziandomi ad ogni due parole, poi angosciato chiedeva della mamma e della sua reazione dicendosi pieno di rimorsi, poi pregava me e Laura di distrarla e di aver cura di lei e di papà, poi saltava ad altri argomenti… insomma sembrava la lettera di un pazzo, ma che io capii conoscendo il suo carattere e il suo entusiasmo. Da allora, la nostra corrispondenza fu regolare a puntuale, che io correvo a leggere alla mamma e ai famigliari presenti, a volte prima di leggerla in anteprima.
Il viaggio
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