Mestieri
operaiaLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
SvizzeraData di partenza
1911Data di ritorno
1915Periodo storico
Periodo post-unitario (1876-1914)Ormai è scoppiata la Grande Guerra, l’Italia è ancora neutrale ma si teme un coinvolgimento nel conflitto. Gli emigrati, compresa la famiglia di Giuliana Tarchi, ritornano alle loro case.
La mattina dopo partimmo, insieme a molti altri emigranti. Dovemmo partire in tutta fretta, prendemmo con noi poche cose ammucchiate in due grandi valigie lasciando, insieme ai cari ricordi, le molte cose che non potevano entrarci.
Il viaggio sembrava interminabile, pigiati come eravamo in un vagone. Tutti erano tristi e preoccupati tranne noi bambini che anche in quella circostanza trovavamo alimento alla nostra fervida fantasia e ci divertivamo ad ascoltare il treno fischiare e frenare bruscamente alle stazioni e poi riprendere il cammino con il caratteristico ciuff-ciuff. Io guardavo incantata i dritti e alti pali del telegrafo con in cima ben allineate le bianche cicche, che si rincorrevano veloci, con tanti fili che si intrecciavano nel cielo grigio.
Poiché ero irrequieta, la mamma per farmi stare buona mi raccontò come in una favola che fra poche ore saremmo giunti al nostro paese, nel grazioso sobborgo dove io ero nata. Anche lì c’era una bella campagna con tanti alberi e dolce frutti, tanti animali che razzolavano nell’aia del contadino, e che avrei avuto tanti piccoli nuovi amici… che in fondo era bello tornare a casa, dove i vicini, avvertiti per lettera del nostro ritorno, ci attendevano…
Quando finalmente arrivammo alla Stazione di S. Piero, scendemmo dal treno e prendemmo una diligenza. Mi piacque molto andare in carrozza, tirata da due cavalli bruni. A Santa Croce giungemmo che era quasi mezzogiorno. Eravamo stanchi ed affamati. I nostri vicini ci attendevano sull’uscio della casa. La contadina, una donna piccola e grassoccia, con una faccia tonda e sorridente ed un grembiule bianco legato in vita ci fece alta festa, ci baciò tutti, commossa. C’erano bambini, anziani e giovanetti, e tutta la comunità ci guardava incuriosita e sorridente ed io mi sentii contenta.
La contadina ci invitò a passare in casa, in una grande cucina nera. Mise una tovaglia bianca sulla gran tavola, poi prese una larga padella e la mise sul fuoco, ci ruppe dentro molte uova che scoppiettarono allegramente mandando un odore grato. Ci sedemmo a tavola. Fu un pranzetto molto gradito. Io, poi, rimasi sorpresa davanti a due uova tutte per me; la mamma mi aveva abituata a mangiare molto pane, e giusto companatico.
Al mio paese la mia vita cambiò molto, non c’erano più le chicche regalate dai parenti emigranti, sparita la colazione che si faceva ancora a buio, quando, piagnucolando chiedevo a mia sorella il caffellatte e lei, brontolando, mi metteva fra le mani una grossa tazza di latte freddo che poppavo lentamente scaldandolo con le mani, con gli occhi semi-chiusi. Allora vedevo mia madre e mia sorella che si pettinavano i lunghi capelli avanti e dietro, col pettine che scricchiolava, e dopo si facevano un nodo alla coda e si appuntavano i capelli sulla nuca in una grossa crocchia trattenuta da dei pettinini, e mi salutavano, e correvano via in tutta fretta, per andare al lavoro.
Questi erano i ricordi della Svizzera, ma in Italia, con la guerra imminente, si mancava di tutto.
Il viaggio
Mestieri
operaiaLivello di scolarizzazione
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SvizzeraData di partenza
1911Data di ritorno
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