Paesi di emigrazione
PerùData di partenza
1940Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)La famiglia di Chiara Calda è sulla nave Orazio, diretta in Perù.
La nave intanto sì avvicinava al “Golfo del Leone”, che quella notte fece onore al suo nome e cominciò a muovere tanto che io non potevo sostenermi, e le valige sembravano giocattoli che correvano da un lato all’altro della cabina. Presi una pastiglia contro il mal di mare ma inutilmente, e allora mi coricai anchio ma inutilmente non potevo dormire per il gran giramento di testa e in più sentivo sulla passeggiata dei rumori, insoliti. Tino , dico, non senti quanti rumori? Devono star lavando, mi risponde, ma non era il primo viaggio che facevo mai avevo sentito rumori così. I marinai che gridavano che tiravano qaualche cosa, funi, catene non so che….e allora un’altra volta domando: Ma, non senti? E un rumore strano perché non vai a vedere? Lui poveretto, come non mai un po’ seccato mi disse: non riposi e non lasci riposare! Mise il plaid sulle spalle e uscì. Dopo cinque minuti entra stravolto e mi disse: Fuoco a bordo! Non dissi una parola, balzai dal letto e già non ero più io ma una macchina automatica. Mi vestii completamente, ho vestito i bambini a Lely ho messo anche la pelliccia bianca e un gran nastro nei capelli a Roberto il suo paletot lo avvolsi con una sciarpa di lana, poi mi fornii di fazzoletti e come mi ero comparata la radio più piccola del mondo (eravamo nel 1940) questa veniva dentro una borsa di pelle con chiusura a lampo si portava a braccio come una borsetta, allora pensai alle mie gioie. Gettai la radio e nella borsa misi tutte e cosi ero già sulla porta della cabina con i bambini —ma la mia testa continuava a pensare come difendere i piccoli del freddo se ci salvavamo su una barca. Allora tornai e presi anche un paiate’ mio (io avevo la pelliccia) per coprirli, e, quanto mi è servito! Tutto questo io lo feci in questione di minuti—ossia nel tempo che mio marito si mise i pantaloni del pigiama e una giacca perché se io non toglievo dall’armadio il suo paletot lui sarebbe uscito cosi. Ci riunimmo tutti nella sala di musica e seduti sulle poltrone sembrava di essere sulla giostra perché il movimento della nave era tale che ci sbatteva da una parte all’altra della sala. Poi dovemmo uscire perché dovevano aprire le porte di emergenza che però non funzionarono e fummo tutti a prua ove ci sedemmo per terra. Io stavo con i miei piccoli coperti con il famoso paletot che meli riparava dal vento gelido. Ogni tanto dovevamo cambiare posto perché sotto il fuoco scaldava tanto il ferro del pavimento che ci disturbava e mio marito continuava a passeggiare e a domandare se c’erano notizie, ma inutilmente ormai la nave aveva perduto ogni contatto. Poi vedemmo che un gruppo di persone s’imbarcava su una barca “salvavita” e allora ci avvicinammo con i bambini perché avremmo voluto che almeno loro si salvassero. Potevano essere accolti dai nonni, dalle zie e mi misi in fila ad aspettare il mio turno. Quando passa per caso il capitano della nave e mi dice: cosa fa qui?-Aspetto per imbarcare i bambini- rispondo….Come puoi pensare una cosa cosi?- e mi prese per meno e seguita dai bambini ci fece scendere da una scaletta già in fiamme e ci condusse dove eravamo prima. Lei non si muova di qui, mi disse e io l’avviserò. Quando la barca ove volevamo mettere i nostri bambini non ha neppure toccato il mare venne un’ondata tanto alta che la spinse contro lo nave sfracellandola e non sì seppe piu nulla di chi era riuscito ad imbarcarsi. Aspetammo che lunghe le ore e che tristi spettacoli! Gente che era uscita dalla cabina in camicia da notte intirizzite dal freddo, tizzoni accesi che cadevano sulle persone, bambini che morivano fra le braccia della mamma per il freddo o bruciacchiati dai tizzoni ardenti….era la morte!. E cosi passò la notte e buona parte del giorno e la speranza di salvarci era sempre più lontana, perchè la nave alleggerita del peso di tutto quello che era bruciato andava alla deriva perciò non potevano trovarci. Mio marito era disperato e disfatto dal dolore e dal rimorso di essere stato lui a prendere la decisione di partire a un dato momento si è inginocchiato davanti- a me chiedendomi perdono. Sono il tuo assassino, mi diceva, e quello dei miei figli.. .e c’e’ voluta tutta la mia forza per dissuaderlo e tranquillizzarlo. Vedrai gli dicevo è solo un brutto momento, ma passerà, ci salveremo …il tenente ora mi sfugge il nome mi ha assicurato che gia ci hanno localizzato e che verranno in aiuto. Animo! e per fortune le mie parole han dato anche a lui più serenità. E questa sicurezza io l’avevo sul serio. Mi ero tanto raccomandata con le preghiere ad un zio salesiano martire della Chiesa e oggi Beato “monsignor Luigi Versiglia” e pur essendo disperata in fondo in fondo avevo la speranza che il mio santo non ci avrebbe abbandonati. Infatti improvvisamente si- sente il motore di un aereo che pote dare la posizione esatta e giunse dopo non molto ma a rispettabile distanza per il pericolo che “l’Orazio” scoppiasse, il “Conte Biancamano” che era di ritorno a Genova e cambio’ rotta per venire in aiuto. Mandó subito barche a remi e allora il Capitano mi fece avvisare e mi disse: ci sono le due prime barche nelle quali si salvano prima i banbini, poi verranno altre per le signore e per ultimo gli uomini. Lei può scendere con i bambini. Io allora mi diressi alla prima barca e con l’aiuto di un marinaio legammo con una fune Roberto che lo vidi scendere come un pacco nella barca sottostante. Si aspettava che le fune salisse per fare la stessà operazione con Lelita, quando mi sento chiamare per dirmi di scendere nelle seconda barca per arrivare assieme ai bambini al Biancamano. La mia bambina, dico io. Gliela mando subito mi dice il marinaio— lei vada tranquilla. Io allora andai all’altra barca ove scesi, con una scaletta fatta di corda che ogni tanto sbattuta dal vento toccava le pareti della nave che già incandescenti lasciavano vedere in trasparenza le fiamme di ciò che stava bruciando ancora. Uno spettacolo dantesco’… io mi bruciai le mani anche se protette dal fazzoletto e il dolore era tanto che a un certo momento non potei più resistere e caddi nella barca. Sentii un dolore atroce nella schiena e persi i sensi….
Il viaggio
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