Mestieri
ricercatore, addetto all'ambasciataLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
CinaData di partenza
1983Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Dicembre 1983: Cesarano Catello, addetto scientifico dell’ambasciata italiana in Cina, è appena arrivato a Pechino, in quella che sarà la sua città per molti anni. Racconta le prime impressioni a contatto con una realtà molto diversa da quella italiana.
Sistemarsi a Pechino non è stato poi così difficile come avevamo temuto. Siamo arrivati con 10 ore di ritardo, perché’ un guasto a uno dei motori ci aveva costretto a una sosta forzata a Canton. I primi due giorni siamo stati accampati nell’ufficio di rappresentanza del Banco di Roma, ospite del gentilissimo rappresentante. È stata l’unica soluzione possibile perché’ i pochi alberghi disponibili sono tutti completamente occupati. Già dopo due giorni eravamo sistemati nell’appartamento che l’ufficio di servizio per diplomatici ci aveva assegnato nel quartiere diplomatico di Jiang Guo Men Wai: un appartamento molto spazioso, al 14mo piano con una vista straordinaria su tutta la città. Case a perdita d’occhio e di notte una distesa di luci che si perde all’orizzonte. In quanto all’arredamento, certo non può essere classificato lussuoso, ma ha un che si semplice e spartano: 4 sedie, un piccolo tavolo, due piccoli letti e una scaffalatura per i libri. Dobbiamo tutto questo alla cortesia dei colleghi dell’Ambasciata, in attesa che tra alcuni mesi arrivi il nostro mobilio dall’Italia. La cucina però è già attrezzata con una cucina a gas. I colleghi ci hanno fornito stoviglie, posate e bicchieri. L’avventura in Cina può essere considerata avviata. Il momento magico è stato la prima notte nella nuova casa: una luce intensa filtrava dalle grandi finestre del tutto sprovviste di scuri. Di tanto in tanto si sentiva il fischio dei treni, che poi non è tanto un fischio ma piuttosto una sirena come sui treni americani, e di tanto in tanto un suono forte e limpido come di campane: il carillon della stazione ferroviaria.
Dicembre 12, 1983
Per la prima volta abbiamo sperimentato gli autobus di Pechino. Abbiamo preso 1’1, che va da Est a Ovest e viceversa lungo la Chang An, la grande strada che taglia in due la città e passa per piazza Tian An Men, A piedi poi abbiamo proseguito fino al grande mercato di Xidan, La Domenica è giorno di spesa per i Cinesi: i negozi sono tutti aperti e siccome durante la settimana la gente lavora, la Domenica è particolarmente dedicata allo shopping. A Xidan vi sono grandi negozi sul tipo dei grandi magazzini occidentali, assieme a una pletora di piccoli negozi. Tutti affollatissimi. Vi si trova moltissima roba, anche se presentata in modo confuso da emporio di paese. Fa freddo. Dalle descrizioni fatte mi aspettavo che i Pechinesi affrontassero i rigori dell’inverno con vestiti uniformi e infagottati in qualche modo. Niente di tutto questo. Statisticamente prevale la cosiddetta uniforme di Mao, ma cominciano ad essere abbastanza frequenti altri tipi di abbigliamento. Molto comuni sono i pastrani di foggia militare, colore verde oliva o blu’, di cotone imbottito con collo di pelo. Sono cappotti a doppio petto che hanno l’aria di proteggere bene dal freddo: piuttosto lunghi e svasati sui fianchi. Hanno una loro eleganza, che penso piacerebbe ai giovani occidentali.
Non mancano poi giacche a vento e giacconi imbottiti di piumino d’oca, a colori vivaci dal rosso all’azzurro pastello, Potrebbero anche apparire come sciatori in procinto di partire per i campi di sci, se non fosse per i copricapo tutti inequivocabilmente pechinesi. Si va dalla scopoletta sul tipo di quella indossata dai soldatini della Armata di Liberazione del Popolo, a copricapi di pelo, con delle falde copri orecchie, che quando sono slacciate danno un aspetto vagamente mongolo anche a me che ne posseggo uno. I più vivacemente colorati sono i vestiti dei bambini, per lo più avvolti in mantelli di seta imbottiti con cappuccio che lascia appena intravedere i volti paffuti e vagamente imbronciati Tra le prime lezioni di cinese, il nostro testo ne dedica almeno due al Ganmao, una forma di raffreddore molto forte che colpisce i visitatori di Pechino che non prendono le necessarie precauzioni, La lezione recita testualmente così: “Il clima di Pechino d’inverno è molto freddo, mentre d’estate è molto caldo. In primavera non è male, ma qualche volta tira vento e ci sono piogge, mentre l’autunno è particolarmente bello, ne’ caldo ne’ freddo, e quando viene il tempo del raccolto, tutti corrono ad aiutare in campagna, vanno gli studenti, i quadri, i maestri e vanno anche i soldati dell’armata di liberazione. Però dopo viene l’inverno e se non si fanno esercizi di ginnastica e se non ci si copre bene, si può prendere il Ganmao.” A questo punto del testo il maestro domanda: “ma dov’è Ding Ling.” Si scopre che Ding Ling non è venuto a scuola . Il maestro domanda se per caso sta poco bene, e se in tal caso è stato dal dottore. Appurato che Ding Ling effettivamente si è sentito poco bene e che è stato colpito dal Ganmao, il maestro conclude raccomandando agli allievi di fare molto esercizio fisico e coprirsi bene. Licia ha studiato queste lezioni, ma evidentemente si è fermata all’aspetto linguistico senza coglierne il contenuto e si è preso il Ganmao.
Pechino, Gennaio 10, 1984
Pechino non è una di quelle città che seducono a prima vista o che si aprono spontaneamente e senza reticenze all’occhio dell’osservatore. D’altra parte siamo partiti dal presupposto di rifiutare l’immagine di una Cina misteriosa e impenetrabile. Debbono pur esserci dei punti in comune tra la gente a qualsiasi latitudine e longitudine. Salire su un autobus non è molto meno avventuroso che salire su un autobus a Roma. Guidatori e bigliettai sono spesso delle ragazze. Queste ultime invitano insistentemente i passeggeri a comprare il biglietto, il più delle volte rannicchiata in un angolo. Gli autobus sono sempre stracolmi, e la faccia di chi spinge e cerca di guadagnare l’uscita fendendo la calca ha un che di familiare. Non altrettanto si può dire dei tassisti. I tassisti hanno peculiarità loro proprie, c’è da aspettarselo, perché’ soprattutto nelle grandi metropoli i tassisti risentono dell’influenza della città, ne assorbono certi umori. I tassisti di Londra, o di Parigi o di New York hanno una loro fisionomia, in sintonia con la loro città quindi sono diversi tra loro. A Pechino i taxi si prendono in apposite stazioni, ove oltre a un impiegato addetto, bivaccano in permanenza dei giovanotti, presumibilmente i conducenti. La prassi vuole che si fornisca all’addetto l’indirizzo del luogo di destinazione, ma non è detto che ciò comporti una risposta. Più probabilmente si accende un fitto conciliabolo tra il gruppo dei giovanotti. Il viaggiatore, all’oscuro delle usanze e soprattutto della lingua è portato a pensare che si discuta sull’ubicazione dell’indirizzo fornito. Forse vengono discussi anche altri elementi. Il fatto è che a conclusione del conciliabolo spesso seguono lunghi attimi di riflessione e di attesa.
Il viaggio
Mestieri
ricercatore, addetto all'ambasciataLivello di scolarizzazione
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1983Periodo storico
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