Mestieri
ricercatore, addetto all'ambasciataLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
CinaData di partenza
1983Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)È la primavera del 1989. Il muro di Berlino sta per cadere, il mondo è attraversato dal un vento di cambiamento. In Cina, gli studenti chiedono più libertà ma la loro voce viene soffocata dalla repressione. Cesarano Catello, addetto scientifico dell’ambasciata italiana a Pechino, racconta quello che riesce a vedere e sentire.
Pechino, Giugno 1, 1989
Il braccio di ferro tra studenti e governo non sembra essersi ancora risolto, anche se la posizione del governo sembra guadagnare punti. Gli studenti sono ancora in Piazza Tien An Men, e le autorità non hanno ancora potuto o voluto farli sgomberare. Il nocciolo del problema è forse qua: Non possono, o non vogliono!. La lotta si svolge con una modalità che riesce di difficilissima interpretazione: Li Peng annuncia la legge marziale, ma l’esercito si ferma davanti ai primi cordoni di folla. Non solo si ferma, ma scopre che nessuno aveva pensato a dare ai soldati scorte di viveri e un minimo di assistenza logistica per la notte. Ha dovuto provvedere la carità’ pubblica, che la televisione ha pubblicamente riconosciuto e ringraziato, valutandola come un atto di patriottismo verso i poveri soldatini che per eseguire il loro dovere si erano trovati in questa contingenza. Nessuna parola per deplorare la completa disorganizzazione dei servizi logistici, che in qualunque altro paese sarebbe stato motivo di grande scandalo. Li Peng poi ha spiegato che il concetto di legge marziale non era stato ben capito. Nel frattempo veniva convocato l’Advisory Commission del Partito, un organismo composto per lo più da persone molto anziane per esprimere il proprio appoggio alla linea Li Peng. Gli studenti avevano espresso la speranza che invece venisse convocato il Comitato Permanente del Congresso, che presumibilmente avrebbe dovuto essere più dalla loro parte, ma il suo presidente Wan Li che era in visita in USA e che era ritornato prima del previsto visto la piega degli avvenimenti, si è trattenuto a Shanghai per accertamenti sanitari. (sic!). Intanto la televisione ha smesso i suoi servizi sulle manifestazioni, accentuando molto quelli sulle forze armate. Trasmessi solo comunicati scritti relativi alla necessità di sgomberare la piazza perché’ la sua occupazione “non permette l’ordinato svolgimento della vita pubblica. Per es. se arriva un ospite di stato non si sa più come riceverlo. Lo stesso Korbachov, è stato salutato dal picchetto d’onore all’aeroporto.” Gli studenti intanto ne inventano un’altra: (cosa vuol dire la fantasia dei giovani!!): costruiscono una copia della statua della libertà proprio in Piazza Tian An Men. La radio emette subito comunicati in cui si rileva che la Piazza è destinata ad onorare le glorie della Patria e non è permessa la costruzione di statue diverse da quelle autorizzate, ‘proprio nel posto dove per la festa del I Ottobre verrà collocata la gigantografia di Lenin.” I giovani della scuola media Fengtai N.5 mandano una lettera agli studenti per chiedere che la piazza venga restituita a loro: i “giovani Pionieri” il cui sogno “è assistere all’alzabandiera e domandare agli zietti (“shushu’), addetti alla cerimonia di insegnare loro le tradizioni rivoluzionarie”. Dimostrando una completa aridità di cuore, gli studenti continuano imperterriti nel loro atteggiamento, noncuranti delle richieste bonarie, dei richiami sentimentali, delle parole di elogio che si alternano a minacce più o meno velate, resi ancora più noncuranti del fatto che finora nessuna azione concreta è seguita alle parole. Loro stanno la e la rimangono. Ciò evidentemente è reso possibile da una sorta di stallo nella lotta ai vertici, che non permette azioni di forza.
Domenica sera abbiamo inforcato le biciclette e ci siamo recati in piazza anche noi. Erano circa le 8 e 30, e subito ci siamo resi conto che l’idea di andare in piazza senza che noi ne avessimo fatto cenno a chicchessia, l’avevano maturata qualche altro centinaio di migliaia di Pechinesi. Uomini donne, giovani, anziani, intere famiglie. A mano a mano che ci si avvicinava alla piazza il numero delle biciclette si infittiva, la grande strada: la Chang An, ne era saturata, le poche macchine circolanti pressoché paralizzate. “Non cercate di capirci qualcosa – diceva un funzionario cinese a un Diplomatico occidentale – non ci riuscireste. D’altronde, non ci riusciamo nemmeno noi…” E’ una battuta. Noi abituati a Cartesio, ci rifiutiamo di arrenderci, e cerchiamo con pertinacia di capire. Anche perché’ è tutto molto appassionante.
Il viaggio
Mestieri
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