Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
diploma magistralePaesi di emigrazione
Libia, EritreaData di partenza
1933Data di ritorno
1942Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Prima di raggiungere il porto somalo di Berbera, Giulia Danesi e altri italiani destinati al rimpatrio sono sballottati da un campo di concentramento all’altro.
Sostammo una notte ad Argheisa. Notte fresca, sotto una tenda, in un bel letto con la rete: era da mesi che dormivano sui sacchi di paglia. Ma non potei gustare tale gioia. La camionetta inglese che ci aveva trasportati, di duro e solido ferro, tentennando su quelle piste di sabbia ci aveva rotte le ossa. Lasciammo Argheisa con un sospiro: avanti. L’autista, un arabo di Aden, fu gentile e corretto.
Le 64 camionette correvano, a velocità moderata, sulla irregolare pista, rovinando il nostro corpo. I somali, lunghi neri e audaci, con gli arruffati capelli crespi, saettavano malvagiamente i loro occhi terribili e con grandi gesta ci minacciavano.
Steppe termitai, simili a stele funebri, correvano sotto i nostri stanchi occhi, bruciati dal sole. Come sembrava lontana, allora, la nostra dolce terra d’Italia! Roma, la mia città, con tutta l’impronta del suo vivere nobile, come era lontana!
Correvano le camionette: sostavano per rifornirsi. Mandera non era lontana e nel tardo pomeriggio intravedemmo il suo grande campo di concentramento che tanti italiani aveva inghiottiti e rispediti. L’altopiano declina verso Berbera. Caldo tropicale di giorno, notti fresche.
Molti inglesi, molti baraccani, molte tende, un sistema alterno di tubature d’acqua per la pulizia. Prigionieri italiani che ci salutavano al di là dei reticolati. Per 4 giorni attendemmo notizie: con i nostri pochi bagagli pronti, simili ad emigranti, aspettavamo l’arrivo delle navi.
Vennero, infatti, il Vulcania e il Saturnia a prenderci!
Il viaggio
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