Mestieri
addetto stampaLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
AustraliaPeriodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Ursula Galli è in Australia, nel 1991, e sta conducendo alcune ricerche per scrivere una tesi sul teatro aborigeno.
Julie mi procurò un appuntamento con due scrittori aborigeni che vivevano a Perth. Uno era il più anziano, l’altro il più fascinoso, mi disse con una delle sue risate squillanti. Dovevo assolutamente intervistarli, secondo lei, se desideravo fare una tesi decente.
David non volle lasciarmi andare da sola nella città del “cigno nero”. Partimmo insieme all’alba, dall’aeroporto di Sydney, voli nazionali. Seduta in una delle aree d’aspetto, mi soffermai a guardare due ragazze che si scambiavano baci appassionati, sulla bocca. Da noi, in Italia, le lesbiche non sono così spigliate, mi sorpresi e David mi raccontò che i gruppi femministi e gay femminili, erano così forti in Australia che stavano nascendo comitati, più o meno seri, per la difesa del maschio.
L’appuntamento con il più anziano degli scrittori aborigeni, era a casa sua. Mi feci portare da un taxi nei pressi della sua povera abitazione, in un quartiere desolato di Fremantle, sporco, pieno di rifiuti, con allampanati stendipanni bianchi simili a scheletri di ombrello in ogni cortiletto.
Il vecchio dai capelli bianchi, mi fece entrare in casa sua senza sorridere. Era alto quasi due metri e fino a che non fummo seduti uno di fronte all’altro, non potei vedere i suoi incredibili occhi azzurri nella faccia color cuoio scuro. Tirai fuori dalla borsa un foglietto sul quale mi ero appuntata alcune domande e un registratore. Una fortuna che l’avessi portato, perché non capii che poche parole di quello che l’uomo mi diceva.
Uscii fuori, nella luce accecante della mattina di Fremantle.
Mi sentivo scoraggiata.
Quel vecchio rappresentava un mito per gli aborigeni, forse meno per me che avevo cominciato ad occuparmi di quell’argomento per caso, ma insomma, magari avrei potuto ascoltare qualcosa di davvero significativo.
E se anche il registratore non avesse funzionato. Schiacciai “play” e la voce profonda e masticata dello scrittore mi fece sobbalzare. Era ancora presto, l’intervista era durata meno del previsto, non avevo potuto interloquire, limitandomi a leggere le domande preparate senza comprendere le risposte.
Avevo l’intera giornata davanti. Senza pensarci troppo, salii su un bus del quale non conoscevo la destinazione. Scesi in un quartiere in aperta campagna, senza far caso a dove mi trovassi. C’era una grande fiera agricola, strapiena di visitatori. Recinti di maiali enormi lustrati a festa, cavalli da tiro, galli da combattimento, mucche da cartone animato. Mi sembrava di stare in un film, uomini con cappellacci da cowboy, barcollanti per le troppe birre, ragazze ossigenate con il vitino strizzato da cinturoni dorati e tacchi a spillo completamente fuori luogo sullo sterrato, la pista per il rodeo, il toro meccanico da cavalcare, il martellone per misurare la propria forza, chioschi per di hot dog, pollo fritto, dolci enormi.
Mi misi in fila alla baracchina che vendeva donuts, a Livorno si chiamano “frati”. David non sapevo dov’era, lui non sapeva dov’ero io. Il giorno prima avevamo fatto una gita in battello lungo il fiume Swan. Il cielo era grigio, ma luminoso. Non ci eravamo parlati, quasi.
Ordinai sei donuts, due semplici, due alla cioccolata, due ricoperti di glassa di zucchero rosa. Li avrei mangiati tutti, uno dopo l’altro.
“Li mangi tutti da sola, quelli?”, sorrise una voce maschile, al mio fianco. Mi voltai, sulle difensive. Un tipo grassottello, vestito di un’eleganza sgargiante, con due bambini, maschio e femmina uguali a lui, per la mano.
“Non li mangio da sola, li porto a casa”, mentii, chiudendo il sacchetto di carta e riponendolo nella borsa.
“Sei francese?”, insistette l’ometto, voglioso di conversare. Non mi stupii, già diversi mi avevano fatto quella domanda. Evidentemente, un livornese che parla inglese assomiglia ad un francese, con la “c” strascicata.
“Sei qui da sola, sei una turista?” intervennero i ragazzini, curiosi. Spiegai vagamente che ero a Perth per motivi di studio, con il mio fidanzato. Fidanzato.
I bambini mi chiesero se volevo visitare la fiera con loro e rifeci il giro dei recinti, maiali, cavalli, galli da combattimento, piccoli canguri. Mi ingozzai con loro di hot-dog grondanti di ketchup. Ero io, quella?
Il viaggio
Mestieri
addetto stampaLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
AustraliaPeriodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Gli altri racconti di Maria Ursula Galli
Atterraggio a Sydney
Mi ero svegliata di soprassalto con l’impressione di essere arrivata. Non ancora. L’aereo stava sorvolando a...
Pasta, pizza e mafia
Si parlava d’Italia. Fresh pasta, fresh pizza. Difficilmente gli stranieri notano qualcos’altro. Ah, sì, la mafia....
Teatro aborigeno
La notte precedente non avevo dormito ed ero gonfia di sonno, gonfi gli occhi, gonfie le...
Royal show
Cara Elena lo so che ultimamente ti ho scritto con frequenza impressionante, ma lasciamiti raccontare questa perché...
Il ballo del qua qua
Di notte si alzò vento. I granelli di sabbia rossa picchiettavano sul vetro della mia finestra....
Disastro australiano
Cara Elena, dovresti essere a Livorno, ormai, e immagino che starai aspettando con trepidazione mie notizie, come...