Paesi di emigrazione
FilippineData di partenza
1962Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Pier Luigi Ricciarelli è a Manila, nelle Filippine, nel 1962 e cerca di ambientarsi in quel mondo lontano dove è andato per assecondare la sua vocazione da missionario.
Ai primi di quel dicembre ero arrivato al Don Bosco Technical Institute, una grossa scuola professionale di Mandaluyong, una delle municipalità di Metro Manila. C’era anche una sezione elementare con più di duemila ragazzini. Le classi, le palestre, i laboratori, la cappella nonché i campi da gioco e la piscina erano tutte costruzioni recenti realizzate in cemento, a risparmio e senza gusto. Delle sei classi del livello elementare mi assegnarono la quinta – grade 5 – nelle cui numerose sezioni mi accingevo a ripetere la mia lezione di catechismo. Man mano che passavo da una sezione all’altra mi impadronivo sempre più della lingua.
La comunità religiosa che mi accolse era un cocktail di persone disparate. Il grosso dei salesiani che lavoravano nelle poche case allora esistenti nelle Filippine proveniva dalla Repubblica Popolare della Cina; ne erano stati espulsi dopo la rivoluzione maoista. Ce n’erano poi altri provenienti da vari paesi, soprattutto dall’Italia. Qualcuno dava tutta l’impressione di essere – come dire – “riciclato”, probabilmente perché fallito o insoddisfatto altrove. I filippini si contavano – allora – sulle dita: per lo più erano coadiutori ossia fratelli laici e qualche chierico. Tutti piccoli e bruni, parlavano a stento l’italiano che era la lingua della comunità. In genere ognuno si ritagliava il proprio angolo dove cercava di rimanere il più indisturbato possibile. Non ebbi l’impressione che ci fosse un grande affiatamento tra di noi e non sentii eccessiva simpatia verso di me che ero l’ultimo arrivato. L’ambiente era decisamente “vecchio” nonostante ci si trovasse in un paese giovanissimo dove la maggioranza degli abitanti era al di sotto dei vent’anni. Dalla Cina i missionari si eran portati dietro una visione tutt’altro che globale, costretti come erano stati a lavorare con una minoranza ristretta e chiusa a riccio. Una certa fierezza per essere stati perseguitati da un regime comunista – in piena guerra fredda – li aveva gettati nelle braccia del blocco occidentale cui si sentivano affini e di cui facevano parte a pieno titolo le Filippine. Il direttore era un uomo eccentrico, un vero “collo torto”, vendicativo e untuoso, ma era ben visto nell’ambiente in cui gravitava l’istituto assai più che nella stessa comunità. Non gli dovevo riuscire gran che simpatico specie dal giorno in cui – dopo una discussione a fine pranzo – si rivolse seccamente a me. “Non sarai venuto qui dall’Italia a farci il La Pira!”, e troncò il discorso. Erano i tempi del sindaco La Pira cristiano “di sinistra”. Onesto a tutta prova era uomo del dialogo, aperto a tutte le esperienze che esaltassero la dignità dell’uomo. Forse erano stati i suoi viaggi nel Vietnam e nell’URSS ad allarmare i benpensanti.
Il viaggio
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Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Gli altri racconti di Pier Luigi Ricciarelli
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