Mestieri
aiuto registaLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
TurchiaData di partenza
1927Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Isa Bartalini arriva in Turchia con la famiglia nel 1927. Il padre Ezio si è rifugiato non lontano da Istanbul per fuggire alle persecuzioni del fascismo. Ha deciso di dedicarsi alla pastorizia, e non solo.
Allo sbarco ci fu un leggero intoppo con le autorità turche, perché leggendo Isa sul passaporto, pretendevano che fossi un maschio, mentre io ero inequivocabilmente femmina. Fu così che si scoprì che Isa in turco vuol dire Gesù con grande soddisfazione di mamma che, quand’era incinta (e allora non si sapeva in anticipo il sesso del nascituro) si era messa in testa che se fosse nato un maschio lo avrebbe chiamato Gesù. Così c’era stato un gran moto di sollievo quando ero nata io, femmina, salvandomi da dover portare un nome così impegnativo.
Ora alla dogana turca babbo disse: “Eh, quando si mette in testa una cosa lei…”
Appena arrivato in Turchia, nel dicembre del ’27, babbo aveva investito nell’acquisto di cinquecento pecore praticamente tutti i pochi ricavati dalla vendita dei mobili di Genova e dalla riscossione degli ultimi crediti della sua professione d’avvocato, che nonna Ida era riuscita a riscuotere prima di lasciare l’Italia.
Oltre alla casa dove alloggiavamo, a Erenköy, aveva affittato un ovile su una collina poco distante a Içerenköy (che sarebbe come dire Erenköy alto, più all’interno). Contrariamente alle disastrose descrizioni che babbo ce ne aveva fatto, la casa risultò essere una deliziosa costruzione in legno a un piano, costeggiata da una loggia coperta di glicine. La porta d’ingresso era al centro della loggia e le stanze si affacciavano di qua e di là. Lì eravamo alloggiati tutti eccetto Germaine, che aveva pensato bene di stabilirsi in una pensioncina in città ed aveva trovato subito due corteggiatori, un giovane medico turco bruno, il dottor Hikmet, e un giovane architetto greco biondo, Dimitri Petussi, dai quali si faceva accompagnare alternativamente, per venirci a trovare in campagna. Mamma, Brunora ed io andavamo a badare alle pecore. Ci doveva essere anche un pastore turco, che, a quel che mi raccontava Brunora, quando l’ho rivista tanti anni dopo sul Monte Amiata, voleva a tutti i costi sposarla. Come si capissero non lo so. Babbo credo che più che badare alle pecore leggesse le Bucoliche di Virgilio e dava lezioni di francese al figlio del padrone di casa (oltre a continuare a mandare al Sig. Maloubier le traduzioni cominciate a Bruxelles).
Naturalmente avevamo anche un cane da pastore. Si chiamava Flick.
Il viaggio
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