Pallottole

Dahnang,

martedì 19 Novembre 1968

Tanto per cambiare, nel pomeriggio suoniamo a China Beach, per la terza volta nello stesso locale. Stiamo montando gli strumenti quando aprono le porte ai militari che stavano aspettando fuori, che entrano tutti insieme facendo chiasso come bimbi delle elementari. Però sono tutti simpatici. Già da subito ci chiedono a gran voce “Respect” e “Chain chain”. Poveri ragazzi, che pena mi fanno! Poveri figlioli delle su’ mamme, è capace domani potrebbero morire.

Sulla strada di ritorno è tutto un susseguirsi di carri armati e posti di blocco con soldati vietnamiti che controllano il furgone da capo a piedi, e il perché lo scopriamo in sede, mentre scarichiamo gli strumenti, rimangiamo e freghiamo birre: dice che vicino a qui hanno trovato dei V.C. (si dice “vissì”), ossia Viet Cong, sicché tutta Dahnang è piena di soldati. Dice che se incontri un Viet Cong non fai in tempo a raccontarlo: tutti vestiti di nero, sbucano fuori dai tunnel che riescono a scavare un po’ dappertutto, e prima di dire “Ah!” non ci sei più.

Torniamo all’hotel e comincio la lettera per nonna. Ho appena scritto “Cara nonna…”, che sento uno scoppio molto forte e molto vicino. Rimetto la penna sul foglio e ne sento un altro di scoppi, ancora più forte e più vicino. E poi altri scoppi, aerei che passano sopra, sirene… È un bombardamento! E mi metto a tremare che sembro pagata. Urlo: “Franca, spengi la luce!!!”, e poi nel buio, con tutto quel casino, inciampando di qua e di là, andiamo nella stanza con le altre. Si vedono bengala da tutte le parti, aerei di pattuglia che rientrano, si sentono spari e smitragliate.

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