Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
Stati Uniti d'AmericaData di partenza
1984Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Anna Guala è negli Stati Uniti nel 1984 e scrive lettere collettive agli amici italiani.
Ragazzi, che nostalgia! diciamola proprio tutta: oggi darei qualcosa per essere dalle vostre parti e mi costa non poco mettermi qui da brava a raccontarvi le ultime novità con l’aria di quella che è tanto contenta oh come è contenta. Ma non essendoci alternative…
Per fortuna, per ora, mentre vivo le cose che qui vi racconto riesco davvero a goderle e la mia innata curiosità non è ancora venuta meno, ma… durerà per altri otto mesi? Insomma lasciatemi dire (ne ho bisogno) che è bello, ma è anche duro. Punto a capo.
Giovedì scorso, come preannunciato nel number ten, abbiamo avuto un americanissimo Thanksgiving e la provvidenza mi ha an- che evitato la temuta lotta col tacchino, che è arrivato già bello cotto e confezionato, grazie a Lora: una bestia di sei chili, imbottito di un gustosissimo ripieno (verdure, pane grattugiato, mandorle, paprika) e cotto al forno. Abbiamo cenato qui a casa nostra perché da loro saremmo stati più allo stretto e noi abbiamo collaborato con contorni e crostata più altre due torte tipiche di questa festa, una comprata (pumpkin pie = torta di zucca) e una regalata da una delle solite gentilissime vicine (pekan pie = torta di questi frutti che assomigliano alle noci). La tradizione vorrebbe che si mangiasse alle tre, ma noi abbiamo ritardato fino alle sei per rispettare gli orari di pasti e dormite del fantolino: prima di quell’ora ci siamo fatti una scorpacciata di televisione che, per l’occasione, offriva programmi tutti particolari: partite di football (le ultime, tradizionali in questo giorno), tornei di biliardo, esibizioni di cestisti della pallacanestro, canzoni country trasmesse da Nashville (cantate da giganteschi omaccioni con dei testi da suicidio tipo: io amo lei che ama un altro ma se amasse me che contento che sarei amerei solo lei) e, per finire, le danze dei cow-boys con stivaletti, cappelloni e camice a quadri: presa da raptus (cosa darei per un tango!) ho persino provato a vedere se mi riusciva di impararle. E, tra un programma e l’altro, pubblicità anche queste particolari e un po’ mielose: un vecchio Pat Boon che reclamizza un libricino a carattere religioso da tenere fisso sul comodino (e dice: la mia carriera è importante per me, ma è più importante il mio rap- porto col Padreterno) e la statua della libertà che chiede, con voce sexy, di mandare offerte per il suo indispensabile restauro, ovvia- mente in nome dei sacri principi di cui è e vuole continuare ad essere simbolo imperituro.
Ma che cos’è questo Thanksgiving, cosa hanno mai da ringraziare?
Dunque originariamente in questo giorno si ricordava l’arrivo dei Padri Pellegrini, primi coloni inglesi nel ’600 e si ringraziavano gli indiani che li avevano accolti affamati e allo stremo delle forze offrendo loro da mangiare il famoso tacchino. Oggi però se si chiede all’americano medio il significato di questa festa ti risponde che si ringraziano proprio questi primi coloni per aver posto le fondamenta di questo grande paese: forse gli indiani, visto la fine che gli hanno fatto fare, non hanno tanto piacere di ricordarseli…
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