Mestieri
medicoLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
Croazia, LibiaData di partenza
1946Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Durante la Seconda guerra mondiale Vladimiro Pahor indossa la divisa dell’esercito italiano. Ciò nonostante, lui che è nato a un passo dal confine orientale, non cessa la sua attività di collaborazione con le forze antifasciste slovene. Il 10 ottobre 1942 viene arrestato dai carabinieri di Gorizia. Gli strappano le stellette dalla divisa e lo chiudono in cella. Viene interrogato e picchiato. Portato a Roma, nel settembre del 1943 Vladimiro fugge da Regina Coeli durante la rivolta nel carcere seguita alla notizia dell'armistizio, attraversa a piedi l'Italia e si unisce ai partigiani. Finita la guerra, sceglie di vivere nella Jugoslavia socialista.
Mi trovai nuovamente sulla strada, senza sapere dove andare o cosa fare. Continuare gli studi a Padova non era più possibile. Il foglio di via degli alleati mi obbligava a tornare a Gorizia. Andare a Lubiana non veniva preso in considerazione perchè temevo mi impedissero di proseguire gli studi, avendo loro bisogno di molto personale non analfabeta. Seppi che a Zagabria, in Croazia, c’era un prestigiosa università di medicina. Decisi di tentare la fortuna a Zagabria. Era già l’ottobre del 1946 e, se non volevo perdere un anno di studio, dovevo affrettarmi ad andare. All’università presentai il libretto dì Padova, mi permisero di iscrivermi al secondo anno accademico e mi riconobbero anche l’esame di biologia sostenuto. Il papà mi diede 2.500 lire e mi augurò buona fortuna. La mamma pianse per l’ennesima volta. Quanto dolore, preoccupazione, apprensione estese avevo già arrecato loro con le mie non sempre volute vicissitudini. A Zagabria giunsi in un mondo completamente nuovo e diverso, sia per mentalità, modo di vivere, clima, come pure per mentalità politica. Era la prima volta che sentivo parlare croato e avevo non poca difficoltà nel comunicare. Quasi nessuno conosceva lo sloveno, non incontrai nessuno che parlasse italiano. Dovevo ricominciare tutto da zero. Per fortuna tutta la terminologia medica era in latino, il che mì fu molto d’aiuto nello studio. Mi buttai nello studio anche quindici e più ore al giorno. In poco tempo mi impadronii passabilmente della lingua croata e riuscii a sostenere positivamente gli esami. Del divertimento fino ad allora, e anche molto tempo dopo, non conoscevo nemmeno il nome, tanto meno in cosa consistesse. A Zagabria, con non poca difficoltà, trovai una piccola stanza in una casa privata. In quel paese l’inverno era rigido, e poteva durare anche a lungo. Perciò bisognava procurarsi la legna per il riscaldamento. La legna veniva venduta a metro cubo e bisognava segarla e spaccarla. Il prezzo dipendeva dalla qualità della legna. Per spendere meno compravo quella piena di nodi, molto faticosa da spaccare. Per segarla girava una motosega ambulante, altra spesa. Per alimentarmi andavo una volta al giorno nella mensa studentesca. Il cibo era scarso in tutto il paese, anche la mensa non è che offrisse molto: minestra di fagioli e patate con dentro pomodoro e peperone dolce. Capitava, anche se non spesso, qualche salsiccia, molto raramente carne, regolare un pezzo di pane e acqua.
Spesso si poteva fare il “repete”, cioè il poter avere un altro piatto di minestra. La sera, a casa pane, formaggio o affettato, ma non molto, era troppo caro. Sicuramente non era una dieta ingrassante. Non avevo nessuna borsa di studio e tra cibo, stanza e riscaldamento i miei soldi svanirono molto presto. Rimasi a secco, chiesi alle autorità croate una borsa di studio, non ebbi nessuna risposta. Cercai di essere ricevuto dal ministro della sanità croato, con molta sorpresa mi ricevette. Allora davano agli studenti albanesi le più cospicue borse di studio, sebbene gli albanesi fossero stati dei fervidi collaboratori del nazifascismo. La politica è una bestia molto strana. Dopo aver esposto al ministro le mie precarie condizioni e la difficoltà di avere contatto con la mia famiglia, gli chiesi di poter avere una borsa di studio per poter sopravvivere. Rifiutò, dicendo che non poteva dare una borsa di studio ad uno che si è venduto all’Italia, allora non ancora Jugoslavia. Io ero cittadino italiano. Non l’avesse mai detto: mi passò come un’ombra Regina Coeli, la casa di pena a Padova, torture, privazioni e tanto tanto altro. Gli dissi che era stato lui a vendermi all’Italia e non io. Afferrai la sedia sulla quale era seduto, gliela spaccai sul tavolo e me ne andai. Non tollerai, anche se era ministro, un tale comportamento verso di me. Aspettavo in ogni momento che la polizia politica mi venisse a prendere. Non venne. Il ” compagno” ministro forse ci ripensò e non mi denunciò, ma non ricevetti neanche la borsa di studio.
Il viaggio
Mestieri
medicoLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
Croazia, LibiaData di partenza
1946Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Gli altri racconti di Vladimiro Pahor
Perseguitato in casa
Noi sloveni del territorio etnicamente pulito eravamo privi di qualsiasi diritto e perseguitati in tutti i...
Sovversivo sloveno
Dopo l'invasione della Jugoslavia da parte dell'Italia, le argomentazioni all'interno delle nostre riunioni cambiarono: se prima...
Ritorno in Italia
Nel maggio del 1960 ricevetti l'invito per partecipare ad un congresso medico in Italia. Decisi di...
Medico in Libia
In Libia ho vissuto vicende di ogni genere, piacevoli e meno, interessanti incontri ed esperienze irripetibili,...