Mestieri
studenteLivello di scolarizzazione
frequenza elementarePaesi di emigrazione
EtiopiaData di partenza
1937Data di ritorno
1942Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Temi
In una mattina del settembre 1937 Francesca, nata 8 anni prima a Marina di Carrara, sale per la prima volta nella sua vita su un treno che la porta a Livorno, da dove si imbarca su una nave. È diretta ad Addis Abeba per raggiungere il padre, emigrato per lavorare al pari di centinaia di migliaia di italiani, in quella che tutti i giornali ormai chiamano Africa Orientale Italiana. Così dal maggio 1936 Benito Mussolini ha voluto che fossero denominati i possedimenti coloniali nel Corno d’Africa, dopo l’occupazione dell’Etiopia.
Dalla Memoria di Francesca Pennacchi, pur scritta molti decenni dopo i fatti accaduti, affiorano nitidi i ricordi di quella mattina d’autunno del 1937. Al porto labronico c’è una folla di persone pronta a imbarcarsi su un piroscafo, il “Francesco Crispi”. Nessuno sa che pochi anni dopo, in piena Seconda guerra mondiale e in acque poco distanti, il Crispi sarà affondato da un sommergibile inglese. Il 19 aprile 1943, a poche miglia dall’Isola d’Elba, tre siluri lanciati dal “HMS Saracen” fanno colare a picco l’immensa nave, portando con sé negli abissi circa 900 soldati, per lo più Granatieri di Sardegna. Per giorni il relitto – localizzato nel 2015 a 500 metri di profondità – restituisce cadaveri che le correnti marine trasportano fin sulle coste liguri. Di quella tragedia, della guerra imminente e di tutte le sofferenze che il fascismo sta per infliggere al popolo italiano non si sospetta ancora, ma il disincanto si fa strada già in tempo di pace. Il Corno d’Africa non è la terra promessa che molti sognano, e che il regime ha dipinto per amplificare l’eco dell’impresa coloniale. Al suo arrivo Francesca trova, oltre al conforto dell’abbraccio paterno, un paese povero, con poche case e molte capanne sparse per le colline. L’equilibrio si spezza nel giugno del 1940, quando la guerra scoppiata in Europa si ripercuote fino in Africa. Il padre è costretto a partire per Massaua e a lasciare sole la moglie e le figlie, in povertà e in pericolo. Nel 1941 le truppe britanniche conquistano Addis Abeba, a poco a poco lasciano il controllo alla popolazione locale, che si dimostra non animata da odio e da ostilità nei confronti degli italiani. Lo stesso Negus, rientrato nella capitale il 5 maggio, ordina di non molestare chi è venuto dall’Italia per ragioni di lavoro. Ma quando gli inglesi iniziano l’evacuazione, la madre di Francesca decide di rifugiarsi con le figlie nella zona di sicurezza, sottoponendosi al controllo del Comando inglese che in seguito trasferisce le famiglie italiane in campi di concentramento fra l’Etiopia e la Somalia. Ancora una volta la vita, pur tranquilla, viene minacciata da un’epidemia che uccide molti bambini. È a quel punto che gli inglesi cercano e trovano un accordo con le autorità italiane per il rimpatrio dei civili. Nel 1942 l’avventura africana di Francesca termina con un nuovo viaggio in nave, destinazione Italia. Il primo approdo, dopo 45 giorni di navigazione, è Napoli. Poi, finalmente, casa.
Il viaggio
I racconti
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