Mestieri
bracciante, meccanico, motorista, fuochista, minatore, gestore di barLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
Stati Uniti d'AmericaData di partenza
1925Data di ritorno
1946Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Nei primi mesi del 1924 Pietro Riccobaldi non ha ancora compiuto ventitré anni. È già saldo, però, in quelle che saranno le idee di una vita.
Intanto la peste nera – il fascismo – si era sparsa per tutta l’Italia ed era giunta anche a Manarola. Da congedato il mio sentimento antifascista aumentava ogni giorno di più anche a causa delle angherie che i fascisti infliggevano al paese. […] Nei primi tempi, per non avere fastidi, mostravo indifferenza, insomma, non vedevo,… ma i fascisti pretendevano che la gente fosse tutta con loro e certe posizioni non le tolleravano.
“Chi non è con noi, è contro di noi!” – dicevano e non accettavano nessuna organizzazione popolare che non fosse controllata da loro; partiti politici, sindacati, cooperative, enti di assistenza. Gli dava fastidio anche il nostro piccolo club per il ballo. Vedere gente allegra per i fascisti era insopportabile […]
Per mia natura, non potevo sopportare i soprusi ed i fascisti, di soprusi e violenze, vivevano. Sentivo che così per me era impossibile vivere. Ero disperato. L’atmosfera in paese diventava ogni giorno più pesante. Bastava un niente per far nascere discussioni sempre più astiose e scatenare le prepotenze dei fascisti. […]
Quando dalla Spezia arrivavano i caporioni, noi giovani antifascisti venivamo convocati nella sede del Fascio. Il rito era sempre lo stesso: insulti, minacce e maltrattamenti. I fascisti avevano il gusto della violenza; tutte le occasioni erano buone e se non c’erano le inventavano. Nelle loro file avevano gli uomini adatti; agli stupidi del paese avevano dato libertà di prepotenza e questi, proprio perché stupidi, non avevano limiti.
Uno di costoro, il Ciandoto, sempre vestito da fascista ed armato di manganello, girava per il paese trascinandosi una pecora che teneva in casa come un cane ed imponeva alla vecchia madre di metterla a letto con sé alla sera; era sempre pronto per ogni provocazione. Il Ciandoto era messo comunale e già si credeva importante, ma come fascista si sentiva in diritto di ogni prepotenza e non perdeva occasione per maltrattare la gente, specialmente i più deboli e indifesi.
Quando nel ’46 tornai dall’America, seppi che era morto in manicomio. Ma non era il solo, il Ciandoto!
Il viaggio
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