Mestieri
marinaioLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
PalestinaData di partenza
1947Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Temi
Settembre 1947. È notte fonda quando una folla di persone, ammassate su una spiaggia, inizia a salire su delle piccole barche dirette verso un grande mercantile ancorato a largo del golfo di Tolone, in Francia. Le staffette fanno la spola tra la riva e la nave, fino a quando tutti gli emigranti non sono saliti a bordo. Sono clandestini, sono ebrei, sono sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti. La guerra in Europa è finita da due anni ma le pene, per chi ne ha patite più di tutti, non sono ancora terminate. È la storia dei viaggi dell’“alyà beth”, l’emigrazione clandestina degli ebrei sopravvissuti, che dall’Europa cercavano di raggiungere illegalmente la Palestina, a quel tempo territorio sotto controllo britannico, così come aveva stabilito la Società delle Nazioni. Un’operazione complessa e organizzata dall’Haganah, “La Difesa”, l’organizzazione paramilitare ebraica che dopo la nascita dello stato d’Israele, nel 1948, viene integrata nell’esercito israeliano. L’impresa, non priva di pericoli e sofferenze, riuscirà a decine di migliaia di persone: ad aiutarle c’era anche un giovane marinaio italiano, Mario Francesco Giacometti, nato a Viareggio in provincia di Lucca nel 1928. Giacometti ha avuto una vita avventurosa e l’ha raccontata, in tarda età, all’interno di più memorie. Il suo rapporto con il mare nasce fin dall’infanzia: Mario è figlio di un cuoco che lavora su navi mercantili, dopo le scuole elementari prende il libretto di navigazione e si imbarca a sua volta, come mozzo. Sono gli anni in cui l’Italia è ancora incendiata dalla guerra. Finito il conflitto, il bisogno di guadagnare per sopravvivere lo spinge ad accettare il lavoro che lo coinvolge nella missione della “alyà beth”. Come traspare dalle pagine della sua memoria, Giacometti ignora il macro contesto storico che si agita intorno alla vicenda degli ebrei clandestini, sa poco o nulla dello sterminio nazista, non è consapevole che in molti altri porti, molte altre navi, salpano cariche dello stesso “carico” umano alla volta della Palestina. È con questo spirito che si imbarca sul mercantile “Giovanni Maria” dal porto di La Spezia. La nave era stata trasformata per accogliere oltre 1.000 persone ad ogni viaggio. Dopo una prima breve tappa fino a Bocca di Magra, sulla riviera di Levante, per caricare i viveri e gli uomini dell’Haganà, il “Giovanni Maria” si ferma sulla costa francese, a La Ciotat vicino a Tolone, per far salire i passeggeri. Di lì, senza fare altre soste, la nave fa rotta verso Tel Aviv, riuscendo nell’impresa di trasportare gli emigranti ebrei eludendo i controlli della marina britannica. Dopo molte disavventure il Giovanni Maria, sempre con a bordo Giacometti, tenterà un secondo viaggio che avrà un esito ben diverso dal primo. Partito dalla spiaggia della Girolata, in Corsica, a poche miglia dalla Palestina il mercantile sarà intercettato da un cacciatorpediniere britannico. Sbarcati nel porto di Haifa, passeggeri ed equipaggio vengono internati in campi profughi sull’isola di Cipro, dove li aspettano due mesi di detenzione. Dopo il rilascio e il trasferimento in Palestina, Giacometti vivrà altri due mesi in kibbutz, prima di rientrare in Italia.
Il viaggio
I racconti
Mille ebrei clandestini a bordo
L’acqua, la nafta, il carbone, lo avevano caricato alla banchina del cantiere prima della partenza e...
Verso la Palestina
Avevamo messo i motori avanti, invelata la barca, dato che in quel momento avevamo un pò...
Sbarco a Tel Aviv
Il 21 di settembre verso le 4 del pomeriggio mancavano poco più di una trentina di...