Mestieri
informaticoLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
YemenData di partenza
1994Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Dopo un periodo di vacanza in Italia, Mario Speranza torna in Yemen per riprendere il servizio presso una Ong italiana che opera nell’ospedale di un piccolo centro urbano, As Saddha. È il 1994 e nel paese sta iniziando una nuova guerra civile.
Tutto è iniziato al mio ritorno a Sana’a. A bordo di un Airbus proveniente dal Cairo, ammiravo l’altopiano yemenita. Avevo notato sulla pista di atterraggio, diversi elicotteri ed aerei militari, ma non ci avevo dato peso, tanto ero contento di tornare al lavoro del progetto e dagli amici. Mi attendevano all’aeroporto, e poco dopo in foresteria, l’influenza etiope della cucina di Fatuma mi dava il benvenuto con le sue prelibatezze. Una telefonata proveniente dalla nostra ambasciata, riusciva a rovinarci la digestione. Sulla base d’informazioni diffuse da fonti americane, relative al dispiegamento massiccio di mezzi militari, ci veniva consigliato, per precauzione, di avvisare tutti i componenti dell’equipe di raggiungere Sana’a, e per sicurezza, di far rientrare in Italia tutte le persone non impegnate direttamente nel progetto, in particolar modo i bambini.
I momenti di tensione tra i leader politici del nord e del sud si erano succeduti nell’ultimo periodo, alternandosi alle mediazioni ed accordi ottenuti con l’aiuto dei paesi occidentali, dell’Egitto, della Giordania. Ultimamente, il vice presidente Ali Salem Al Baidh, ex-presidente socialista dello Yemen del sud, non viveva più a Sana’a, rimanendo al sicuro ad Aden, per prevenire possibili attentati. Poi, qualche giorno fa, l’aviazione del nord ha costretto ad atterrare un aereo cargo, che aveva come destinazione una località africana, e che doveva fare scalo ad Aden. Nella stiva sono state trovate alcune batterie missilistiche. Col passare dei giorni, diventava tristemente evidente, come la singolare unificazione dei due Yemen, avvenuta in un epoca di divisioni e di secessioni che stanno interessando l’intera geografia mondiale, si stesse rivelando un completo fallimento dalle conseguenze drammatiche. Esco in strada, e mi perdo tra la folla del pomeriggio. Osservo la gente indaffarata nelle attività quotidiane e, nella piazza Tharir, il solito gruppo di uomini che danzano con le Jambie (un tipico coltello ricurvo, ndr) alzate, in questa specie di scuola di ballo all’aperto.
Mi chiedo se queste persone sappiano che cosa potrà succedere da un momento all’altro. Un pregiudizio si affaccia dietro la preoccupazione: l’idea, molto occidentale, che gli “arabi” siano tutti uniti da una sorta di incosciente ed acritico fideismo. Ma davanti a Bab Al Yemen gli striscioni stesi dagli studenti sulle mura di questa antica porta, esortano a preservare la pace e la fratellanza tra le popolazione del nord e del sud Yemen, ed esprimono un non facile dissenso in questa certamente rigida società, ma non per questo meno composita. Il primo a partire, osservando le raccomandazioni della nostra ambasciata è un amico cooperante, con la sua bambina. Li accompagno, e nell’aerostazione possiamo constatare come molti occidentali stiano lasciando il paese. La hall dell’aeroporto è gremita di persone, e quando d’un tratto viene a mancare l’elettricità, lasciando tutti al buio, un silenzio angoscioso cala repentinamente. Pochi secondi che sembrano eterni. Poi, quando si riaccendono le luci e un sospiro collettivo riporta tutti alla normalità, ognuno sa di aver temuto un attacco aereo.
Questa eventualità, che ora sembra più prossima, alimenta la paura. La strada che mi riporta a casa è insolitamente deserta e, nella luce giallognola dei lampioni moderni, la città mi sembra come sospesa nella notte, in attesa. Al mattino successivo, la situazione è immutata, e penso di approfittarne per raggiungere la mia casa di As Saddha, per recuperare alcuni oggetti personali e salutare gli amici. Prendo un taxi collettivo, ma appena entrati in Dhamar, dei militari ci ordinano di allontanarci dal centro velocemente. La concitazione è notevole. Le auto che precedono invertono bruscamente direzione, e passando nei pressi del cimitero, riesco a intravedere molti soldati nascosti. Dhamar è una delle località che ospita un battaglione dell’esercito dello Yemen del sud. Gli accordi che avevano portato all’unificazione, prevedevano, per favorire la fusione dei due eserciti, il dislocamento di battaglioni del sud nelle zone del nord e viceversa. Qualche giorno fa c’è stato un grave incidente ad Amran dove si sono scontrati le forze del nord con quelle del sud, e pare che oggi, qui a Dhamar ci sarà il secondo round! Il taxi si ferma e tutti scendono, faccio altrettanto, e mi dirigo a piedi sulla strada in direzione di Sanata. Mentre faccio segno alle poche macchine che passano, con l’intento di ottenere un passaggio, sento lontano degli spari, provenire dall’altra parte della città. Inizio a preoccuparmi, ma per fortuna, un camion con un carico di pietre si ferma, e lentamente ci allontaniamo da Dhamar.
Il viaggio
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