Amore in alto mare

Fù ribattezzata la nave rosa poichè invece di andare a gasolio era la forza dell’amore che la mandava avanti. Durante il giorno forse camminava meno (avevamo preso il giorno per la notte e viceversa) ma quando arrivava il buio e tutti gli angoli di poppa e di prua erano illuminati da sigarette accese la notte volava via ed il giorno arrivava troppo presto, anche perché il fuso orario, prima dell’arrivo, ti portava 9 ore avanti. Io avevo l’imbarazzo della scelta però dovevo avere una memoria di ferro, poichè non potevo dire a una ci si vede a mezzanotte se a quell’ora ero occupato con un’altra. Dato che avevo fatto il militare nel veneto conoscevo bene usi e costumi di quelle “tose” o “mule” (diciamo citte, si fa prima) ero avvantaggiato. Si saltava tutti i preamboli, si andava subito al sodo. Con le siciliane o calabresi non perdevo tempo, ci volevano ore e ore e forse non si arrivava mai alla meta per questo meglio le nordiste. All’imbarco ti davano il posto numerato di cabina e di tavolo per mangiare. Mentre ero in fila per i posti mi passò davanti una bionda genuina, alta-alta (seppi in seguito che aveva un fratello “corazziere”). La puntai subito e tra me e me dissi: ho trovato chi mi laverà le camicie ed altro, e così fù. Partiti da Genova il giorno dopo si arrivò a Napoli ancora, non era successo nulla ma il giorno dopo, tra Napoli e Messina successe quello che era destinato a succedere.