Mestieri
operaioLivello di scolarizzazione
licenza scuola media inferiorePaesi di emigrazione
EtiopiaData di partenza
1935Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Anno 1935: l’Italia fascista in cerca di espansione coloniale sta per aggredire militarmente l’Etiopia, uno dei pochi stati africani rimasti liberi dal giogo europeo. Sergio Botta viene richiamato alle armi. È destinato a partire per l’Africa.
Manca mezz’ora dalla sveglia ed un sottufficiale in camerata ci scuote dai pagliericci e scandisce ad alta voce i nomi di una decina di soldati coi sono tra i prescelti. Vestirsi in tutta fretta, fare tutto il corredo, colazione anticipata e subito partenza, senza conoscere la destinazione. Forse, si commenta fra noi, siamo per qualche urgenza nei dintorni e così non si saluta gli amici rimasti, sicuri di rivederci presto. Ci portiamo alla stazione ferroviaria e qui, dal sergente che ci accompagna si apprende di una chiamata con fonogramma di tutta urgenza, si deve rientrare in sede a Novi. Col primo treno per Novara, Mortara, Alessandria si scende a Novi Ligure che sono circa le 11. Il precipitoso rientro al Reggimento fa subito pensare che gatta ci cova e infatti, appena ai nostro arrivo, quel dubbio covato in silenzio diventa realtà e apprendiamo dell’avvenuto arruolamento per l’Africa Orientale detto allora per esigenza A.O. Nello stesso giorno versiamo le armi e subito si deve partire per Roma. Radunati nel cortile della Caserma con altri commilitoni giunti dalle varie Compagnie dislocate, fervono i preparativi per la partenza. Sono le 20.40 del 10 Luglio e il Generale Comandante del Corpo d’Armata di Alessandria, il nostro Colonnello Mazzetti e le più autorevoli autorità politiche e civili dalla provincia ci porgono il loro saluto augurale. Dopo i vari discorsi di prammatica il Generale Comandante invita a sé a baciare il sottufficiale più anziano e, con tale gesto dice di baciare tutti noi uno ad uno. Terminato questo commovente congedo, zaino in spalla, un saluto al RE, un saluto al Duce e con la banda in testa, in fila per tre marciamo verso la stazione; sono le ore 21.30. Due fitte ali di popolo schierate lungo la strada ci accolgono con clamorosi applausi e battimani. Tutta la cittadinanza è presente al nostro passaggio e tutti hanno un saluto, una parola o un gesto amichevole per noi. Le ragazze gettano fiori; i giovani agitano calorosamente le braccia, i più anziani e diverse donne in lacrime ci guardano pietosamente come loro figli; pensando forsanche a qualche loro caro già partito in precedenza. Alla stazione tutta la piazzetta è pure gremita di folla e a stento troviamo un varco per il passaggio. Arriva il treno… un caloroso abbraccio ai nostri amici rimasti e si comincia a salire per occupare i nostri posti. Donne in divisa fascista si danno da fare a distribuire sigarette, vino, e vari generi alimentari da farci comodo durante il viaggio e, poco dopo, ecco il segnale di partenza. Dai finestrini, con le mani protese in Commovente saluto, risponde una moltitudine svolazzando fazzoletti e cappelli con tanto tripudio di entusiasmo da parte dei rimasti e dai partenti. Con il cuore pieno di emozioni seguiamo quella folla delirante fintanto le tenebre serali cancellano dallo sguardo quel tributo di affetto che la cittadinanza ha offerto ai suoi genieri. Riconoscenti, serbando un perenne ricordo vi diciamo un grazie sincero, per tanto affetto spartanamente dimostrato… e mentre il convoglio si allontana da questo commovente scenario i nostri animi piombano nella più cupa tristezza e la mente corre verso i nostri cari tanto lontani e inconsapevoli di quanto succede in questi istanti. Dai nostri posti occupati e così per tutto il convoglio si è spento tutto quell’entusiasmo provocato da una baraonda collettiva ed è calato il sipario per portarci ognuno nella nostra solitudine a meditare a mente fredda la realtà di questi avvenimenti che turbano ogni senso dell’animo. Nessuno più parla, eccetto qualche bisbiglio ed il fruscio che provoca un cerino per accendere l’ennesima sigaretta da consumarsi per effimero sollievo, mentre pure inoltra la notte a portarci uno stanco dormiveglia.
Alle 17 siamo tutti ai nostri posti. Si pone armi e bagagli per poi subito salire sopra coperta e goderci dall’alto lo spettacolare entusiasmo di quella folla che gremisce la banchina sottostante mentre nei protrarsi, tale manifestazione sfocia pure verso un fanatismo collettivo tanto sono spropositate le urla assordanti indirizzate verso di noi e in nome del Duce e del Re. Bande militari continuamente reclutate intonano inni nazionali e del regime, accompagnati in una sola voce da Giovani fascisti e Donne italiane nelle loro divise… Verso le 18 tutti alle loro cuccette in posizione di attesa. Acclamato dall’instancabile moltitudine festante giunge, immancabile a tutte le partenze, il Principe Umberto per renderci visita ai nostri posti e portarci il Suo saluto e l’augurio di buona fortuna. Questa presenza ci è stata molto gradita e anche commovente per l’affabilità dimostrata nel rivolgerci belle parole di conforto; e che mai dimentico quella di ‘coraggio’ rivoltami al passarmi accanto mentre mi trovavo tutto impalato nella rigida posizione sull’attenti!… Alle 19 l’Augusto Principe, in ultimo si congeda dagli Ufficiali Superiori e subito viene ritratta all’interno dello scafo la scaletta d’accesso. Tutti ci precipitiamo per portarci sui pontili più in alto e alle 10.15 precise la sirena di bordo dà il segnale della partenza. Una nuova interminabile ovazione prorompe da quella folla in delirio. Pure le nostre voci associandosi a tanto calore umano, esplodono fino alla trepidazione per il tanto tripudio che indirizzano verso tutti noi presenti. Salutati ancora una volta da frenetici sventolii di bandierine e fazzoletti, commossi alle lacrime da tanta affettuosa e spontanea dimostrazione, lasciamo questa ospitale e espansiva Napoli, diretti là, dove il motto dettato da Mussolini alla “I° Febbraio” ordina di gettarsi nel conflitto “Col cuore e col ferro alla meta”.
Il viaggio
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