Mestieri
operaioLivello di scolarizzazione
licenza scuola media inferiorePaesi di emigrazione
EtiopiaData di partenza
1935Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Il racconto delle abitudini alimentari degli “abissini”, così li chiama Sergio Botta che nel suo diari di guerra, scritto mentre combatte la guerra colonialista scatenata dall’Italia fascista nel 1935.
Stando più vicini al villaggio, tentiamo l’accattonaggio dagli indigeni da poter fornirci alla meglio di qualche loro mangiaria. Il pasto principale da loro preferito è la tradizionale ‘burgutta’ che preparano con l’impasto di acqua, sale e farina di ‘dura’; e che è il cereale più seminato su queste regioni. Tale miscela viene poi stesa in sottili strati su un’apposita lamiera e messa a cuocere sopra un braciere che arde fra un riparo di pietre… e dopo poco tempo, senza l’impiego di nessun condimento, si toglie un fritto che come fragranza si nota soltanto il gusto di un farinaccio bruciacchiato. Recandoci al villaggio con la voglia di trovare qualche supplemento per i denti, ci mettiamo subito alla ricerca per procurarci alcune manciate di quella preziosa farina ed intanto viene l’occasione di assistere al gravoso procedimento della macinazione di questo cereale. Mugnaie provette sono esclusivamente le donne, che chine sopra un macigno fatto appositamente a schiena d’asino, versano poco alla volta questi grani e con un’altra pietra più piccola vi fregano sopra avanti indietro fintanto divenuta una specie di farina. Questa triturazione è molto tenta nel tempo e deve essere pure faticosa, vedendo queste donne intente a barcamenare con stento quella pesante pietra che funge da macina. Per lenire la calura dello sforzo vi lavorano a torso nudo e così operando, danno via libera al sudore che sprizza da ogni poro. E ancor più ci crea un certo senso di ribrezzo l’osservare alcuni rivoli di tale sudore, proveniente dalla folta capigliatura tutta trecce e bisunta, mescolarsi con l’unguento e colarsi giù lungo i seni penzolanti a campana, fino ad arrivare ai due poppatoi che si prestano da cogligocce… per poi spandersi nientemeno che sul macinato… mettendo così in fondo, una certa titubanza dì neo compratori in procinto di farne uso! Questa miscela tutta naturale ci viene ceduta a caro prezzo ma, per sopire gli stimoli della fame che attanaglia lo stomaco, siamo atti a compiere qualunque sacrificio. Mettendo a parte ogni perplessità ci adattiamo alla stessa “mangiaria” di questi negri, comperando tale loro prodotto già un tantino inumidito, salato e pure misto a numerosi granelli di pietra, per confezionarci pure noi quella ‘prelibata burgutta’; specialità gastronomica del luogo! Andando avanti con i giorni si scopre un’altra fonte alimentare offertaci da questi abissini che pure loro sono già di-ventati abilissimi nel tirarti per il collo. Ora ci offrono una certa qualità di miele che trovano in tronchi d’albero o ceppi scavati o in chissà in quali altri luoghi dei dintorni. Dentro a dei loro primitivi contenitori ricavati da zucche svuotate, pigiano in un unico miscuglio: miele, favi e api schiacciate da formare un insieme non tanto commestibile. Attingendo con le mani, ti riempiono il gavettino tante volte per molte lire ogni volta… il problema del filtraggio l’abbiamo risolto con l’uso di una pezza da piedi (lavata ma non pulita) piegata a forma di sacchetto e spremendo il contenuto con pressione fino da ottenere la fuoriuscita del puro alimento che poi viene gustato con fettine di burgutta. I favi di cera vengono poi fusi in un barattolo e colati nel cilindretto ricavato da una cartolina dopo aver annesso un piccolo stoppino.
Il viaggio
Mestieri
operaioLivello di scolarizzazione
licenza scuola media inferiorePaesi di emigrazione
EtiopiaData di partenza
1935Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Gli altri racconti di Sergio Botta
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