Il mestiere di balia

Mi raccontava che, quando nacque mio fratello, che aveva quattro anni più di me al momento, era stata in grado di allattare anche il fratello minore di mio padre, nato nello stesso periodo. I miei genitori, giovani emigranti italiani in Francia, avevano fatto ritorno in Italia per la nascita del primo figlio. Sembrava che mia nonna avesse voluto fortemente ciò per una ragione ben precisa: a quell’epoca si facevano spesso venire in Francia delle balie, dato che le italiane erano rinomate per l’eccellenza del loro latte. Erano ben vestite, ben nutrite, dormivano nella camera del bambino. Tornavano in Italia dopo lo svezzamento, si ritrovavano in famiglia e ritrovavano anche il loro figliolo che era stato cresciuto dei nonni, nutrito semplicemente al latte di capra o di vacca… certamente, queste donne racimolavano abbastanza denaro in confronto alla miseria dei loro compaesani o dei contadini alla Toscana. I miei genitori decisero, però, altrimenti, non accettando idea di lasciare i loro bambini nutriti alla buona per tre o quattro mesi e di andare in Francia per dare il loro latte ad un francesino. Molte donne italiane povere in canna sono andate ad allattare anche più di un bambino all’estero per fare un po’ di soldi. Una volta terminato lo svezzamento, se ne tornavano in famiglia, dai loro mariti, a farsi rimettere incinte per tornare, una volta che il loro bambino aveva compiuto tre mesi, a fare le balie in Francia. È per questo che noi, tutti e tre, abbiamo poppato in abbondanza il latte di mamma. Ho talmente custodito il gusto di questo latte che mi è spesso venuta voglia di chiedere ad una giovane madre di farmi gustare un po’ del suo, ma non ho mai osato farlo.