Mestieri
imprenditoreLivello di scolarizzazione
diploma di scuola agrariaPaesi di emigrazione
CongoData di partenza
1917Data di ritorno
1974Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Dopo un periodo di studi trascorso in Italia nel 1939, alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale, Italo Cipolat torna in Africa, in quella che sente come la sua casa.
Avevo 21 anni e a distanza di tanti anni tornavo negli stessi luoghi della mia prima fanciullezza. Cominciò così un lungo periodo di lavoro insieme a mio padre. La fattoria era molto grande e la vocazione principale di papà era quella dell’allevamento di bestiame. Possedeva in quegli anni seicento capi di varie razze tra le quali predominava la razza “africander” originaria del Sudafrica. La proprietà si estendeva per 500 ettari con annessi più di 5000 ettari di riserva di pascolo, quasi tutto recintato. Non essendovi altre proprietà immediatamente confinanti, il territorio sul quale il bestiame poteva pascolare era in pratica vastissimo.
Dopo un breve momento di familiarizzazione con l’ambiente, guidato dall’esperienza di papà, iniziammo a discutere e progettare come migliorare le diverse attività della fattoria, tenendo conto da un lato della sua esperienza e dall’altro delle nozioni che avevo acquisito alla scuola agraria.
La prima cosa che mi colpì furono le stalle per le bovine da latte. Alla catena infatti c’erano circa cento bestie, ma erano bovine da latte solo di nome, non di fatto. Come già detto la maggior parte delle vacche erano di razza “africander”, animali adatti per l’allevamento allo stato brado, poco domestici e poco predisposti alla produzione di latte.
D’accordo con papà si decise di fare un controllo, come si dice, “al secchio”; volevo verificare quanto latte davano alla mungitura. Mio padre, non senza qualche perplessità, accettò di lasciare fuori dalla stalla tutte le bovine che producevano meno di tre litri per mungitura. Le bestie scartate furono unite ad una delle mandrie che vivevano fuori alla stato brado. Si costituì pertanto una nuova mandria di 150 bovini che venne affidata a tre mandriani.
I risultati non si fecero attendere. Così facendo i vitelli erano completamente nutriti dalle madri, si evitava in tal modo ai mandriani la pericolosa ricerca delle vacche che, dopo avere partorito, ritornavano in foresta trascurando il vitello che invece veniva condotto in stalla. Questa operazione “di recupero” quasi sempre dava origine a cariche selvagge e pericolose, che spesso provocavano feriti fra i mandriani.
Le “Africander” hanno un grosso pregio: partoriscono, quasi sempre in foresta, vitelli molto piccoli. La rapidità del parto in queste condizioni è vitale sia per il vitello che per la madre; in quel momento infatti entrambi sono esposti ad attacchi di felini di diverso tipo. E’ inoltre una razza molto resistente alle malattie e, in condizioni normali, sa difendersi perfino dai leoni o da altri felini predatori.
Abbiamo avuto l’occasione di constatare questa loro capacità di difesa quando un gruppo di leoni improvvisamente aggredì, di notte, una delle mandrie nel recinto.
Il mattino dopo, osservando le tracce lasciate dai felini e dagli zoccoli delle bovine, abbiamo notato che queste ultime avevano creato un cerchio all’interno del quale avevano posto, per proteggerli, i vitelli.
Il viaggio
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