Mestieri
studenteLivello di scolarizzazione
frequenza universitariaPaesi di emigrazione
Stati Uniti d'AmericaData di partenza
1994Data di ritorno
1995Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Andrea Merli è un liceale da poco arrivato negli Stati Uniti, dove trascorrerà un anno di studio come exchange student
Si chiama così la strada di fronte alla casa che abiterò per i prossimi dieci mesi, una casa di mattoni rossi in mezzo alla campagna nei dintorni di Somerville, Alabama, nel downsouth degli Stati Uniti. Ci sarebbero già un paio di migliaia di cose da raccontare ma forse è meglio procedere con ordine e tornare al 19 agosto, il giorno che ho lasciato il Ramapo.
Partito dal New Jersey intorno alle otto, ho cambiato aereo a Nashville, Tennessee, per poi atterrare a Huntsville, Alabama, alle 16:30.
L’aeroporto al mio arrivo era deserto.
Panico.
Ma non doveva esserci tutta la famiglia ad aspettarmi con trombette e striscioni? Mi sono guardato intorno.
Nessuno.
Poi, all’improvviso, ecco una signora avvicinarsi timidamente.
“…Andrea?…”
No, Babbo Natale. Quanti altri ragazzi con l’aria dispersa, la maglietta da exchange student e due valigie da trasloco ci sono in giro?
Così ho conosciuto le persone che mi ospiteranno quest’anno: lui è M., impiegato, taglia XXXL, baffetti, calvo e con gli occhiali; lei è E., infermiera, stessa taglia, senza baffetti, con capelli e senza occhiali.
Mi hanno fatto subito un’ottima impressione.
Guidando attraverso le roll hills della campagna, dad mi ha portato in questa casa di mattoni rossi dove ho conosciuto brother S. (17 anni, anche lui di buona stazza), sister B. (13, impegnata a mangiarsi un pastone di cereali davanti alla televisione) e i nove gatti e un cane che girano in cortile.
La casa è piuttosto grande, si trova in mezzo a un bel paesaggio ed è affiancata da altre due costruzioni prima che inizi una prateria senza confini: una è la stalla, l’altra è la baracca della nonna. Già, la baracca della nonna! Io pensavo che fosse un magazzino per gli attrezzi, poi m’hanno spiegato che la nonna è stata esiliata dalla casa grande perché fuma e quindi è stata gentilmente invitata a trasferirsi. Good j
Nella stalla ci sono due splendidi cavalli: B. mi ha detto che la femmina è tranquilla e che la potrò cavalcare presto mentre lo stallone è “pazzo” e non si può neanche farlo uscire dal box.
Verso le sei della prima sera, dopo aver sudato un’ora in bagno prima di capire che il rubinetto della doccia va strizzato per far colare un po’ d’acqua, ho sentito la voce di mom che mi chiamava per la cena. In pochi secondi mi sono scaraventato a tavola.
Mi è stato servito un piatto di maccheroni in melma gialla (makeroni ’n cheese con la “r” moscia, come dicono loro) che mi ha fatto scoprire che il formaggio qui si compra a blocchi come mattoni, non ha crosta, si adatta alla forma del pane e brilla di un giallo sintetico che si abbina ai fiori sulla tovaglia. Bene o male è andato giù anche quello insieme a un bicchierone di thè ghiacciato. In famiglia sono tutti rigorosamente astemi.
Dopo cena ho esplorato la casa. In cucina il frigorifero è alto fino al soffitto ed è coperto di calamite, fotografie, numeri di telefono e ricette di ogni tipo. Accanto all’acquaio ci sono l’inceneritore dei rifiuti e il forno a microonde, necessario per riciclare ogni tipo di avanzi. Il salotto è arredato con moquette rosa, legno alle pareti da cui sorridono le foto di S. a cinque anni, televisore camuffato da mobile (o viceversa?) e, soprattutto, due poltrone. Quella blu, un ordigno estensibile e imbottito, è di M. e guai a chi la tocca.
Dal salotto si aprono due porte, quella della cucina e quella dello sgabuzzino per lavare-asciugare- stirare che precede l’immensa camera di S. fornita di cessetto personale. Dall’altra parte c’è un corridoio dove si affacciano un bagno, la mia camera (moquette verde, armadio bianco e lenzuoli rossi), quella di B. (affogata nei mucchi di scarpe e gli orsacchiotti di peluche), quella dei genitori (tutto extra-size e con doppi rinforzi) e una stanza piena di roba usata.
Più tardi sono uscito con S. e la sua ragazza (discreta) a fare un giro nei dintorni.
Diciamo che non mi ero accorto di vivere nel cuore del paese. La route 3 scorre lunga e dritta in mezzo agli alberi della pianura e ogni paio di miglia sbuca una costruzione: la chiesa, l’ufficio postale, la stazione dei pompieri…
Il vero e proprio downtown di Somerville è un incrocio con la piazzola di un minimarket e un benzinaio. Non è esattamente la mia idea di “centro abitato” ma qui sono in America, nell’America privata e nascosta di un paesino in Alabama dove c’è solo una strada a tagliare miglia e miglia di campagna.
Il giorno dopo siamo andati a fare shopping a Decatur, una città non molto lontana da qui dove finalmente si riconosce un po’ di vita. Prima di tutto siamo passati da un grande magazzino per le spese scolastiche: una scrivania, una calcolatrice, due pacchi di matite, sedici chili di carta, dozzine di penne e svariati gingillini per B.. Giusto due cosette.
Ma il bello è arrivato nel pomeriggio al Food World, un supermercato di generi alimentari semplicemente sterminato. Ora, non voglio finire carta e inchiostro per elencare che cosa abbiamo caricato sul van dopo due ore di spesa, dirò solo che siamo usciti con due carrelli (i nostri al confronto sembrano carrioline da spiaggia) pieni di 14 borsoni giganti, 12 sacchetti di plastica, due casse di lattine e uno scontrino lungo 72 centimetri. C’è qualche mega party in arrivo? Penso che abbiamo fatto provviste fino a Natale.
Appena tornati a casa, scaricate le cibarie e imbottita la cambusa, sono andato a trovare la nonna. Effettivamente il fumo nella “baracca” era così denso da prenderlo in mano. La signora è stata molto gentile, mi ha offerto la merenda e mi ha rivelato le sue passioni: i romanzi fantasy e il suo cagnolino Pepper.
Oggi, che è domenica, siamo andati a messa. La famiglia è cristiana metodista e quindi ho partecipato a una funzione completamente diversa da quella cattolica. La chiesa è piccola, c’è appena lo spazio per una cinquantina di persone, e non ha il campanile. Ma le campane servirebbero a poco, così lontane da tutte le case.
Dopo i saluti di benvenuto il pastore ci ha diviso in gruppi secondo l’età e ci ha spedito in stanze diverse per la Bible Class. Ho scoperto così che ogni domenica c’è un’ora di catechismo prima della messa. Dopo la Bible class siamo tornati tutti insieme in chiesa per la predica del minister che poi ha battezzato due bambini. La messa è durata più di due ore. Proprio quando stavo per frantumare il mio record di sopportazione (imbattuto dall’ultima domenica delle palme), la celebrazione è finita e allora siamo andati a mangiare cipolle fritte in un locale di Huntsville. Well, that’s all for
Il viaggio
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