Tucul

Dopo due altre orette la colonna raggiunse la prima tappa, e a Ghinda, un paesetto-indigeno si scese tutti con un sospiro di soddisfazione, pensando che forse si sarebbe mangiato qualche cosa. Infatti dopo qualche tempo ci furono distribuite due pagnotte ciascuno, una scatoletta di carne e un limone. Si mangiò con appetito e dopo si fece una passeggiata in quel villaggio, che appariva tutto differente alle nostre borgate Italiane. Quasi tutti i così detti Tucul che sarebbero le loro case sono di forma rotonda costruiti da pezzi di legno a palafita che vengono piantati in terra formando un circolo, alto circa un metro e cinquanta. Dopo il tetto viene armato con degli altri legni, che partono dall’estremità del circolo e si congiungono tutti a sieme in alto formando addirittura un cono. Il tetto poi viene coperto con delle erbe, dei muschi o in mancanza di cuesti a terra. La stanza è unica con un solo buco anch’esso rotondo che sarebbe la finestra. Il focolare viene fatto al centro a piano terra. Sotto quei piccoli rifuci che anno la forma di un pagliaio vuoto all’usanza toscana, ci stanno rannidate numerose famiglie anche di dieci e più persone. La sera si riuniscono in numerose comitive formano un circolo, battono le mani e suonano una specie dì tamburo danzano alla loro usanza. Non si avvicinano alla propria donna, ma si contorcono e si svincolano da soli in tutte le parti del corpo. Forse questa specie di fantasia e il suo unico divertimento.