Mestieri
dirigente scolasticoLivello di scolarizzazione
licenza scuola media superiorePaesi di emigrazione
LibiaData di partenza
1936Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Come trascorre il proprio tempo un italiano di vent’anni emigrato in Libia nel 1936, sperduto in un piccolo nucleo urbano a ridosso del deserto? Alfonso Casadio racconta il clima in cui è vissuto per anni, fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Tra passatempi e scherzi più o meno innocenti.
Con la rioccupazione del Fezzan nel 1930 Hon fu eletta capoluogo di tutto il Sahara Libico a sud del 29° parallelo. Fu subito trivellato un pozzo artesiano — se non ricordo male poco più di cento metri — che dava acqua leggera, dolce e fresca a tutta la cittadina. Furono costruite una palazzina a due piani in stile coloniale per la sede del Comando, alcuni edifici a un piano tra cui il nostro degli Affari Civili, l’infermeria, l’autoparco, l’aeroporto militare, una moschea, l’edificio scolastico, ecc. In pochi anni un misero villaggio sahariano fu trasformato in una città. Un funzionario civile, capo della ragioneria, V A., dette vita a un vasto orto botanico sperimentale con risultati sorprendenti. La fertilità del terreno desertico era tale che permise di raccogliere ortaggi e cereali di eccezionale qualità, tanto che quando furono inviati a Roma alla Mostra dell’Agricoltura nei Palazzo delle Esposizioni in via Nazionale, ottennero diversi primi premi. In seguito, ma ormai alla fine di quel periodo prebellico, furono fatte arrivare alcune mucche dalla Lombardia che ci permisero di gustare finalmente un po’ di latte che non fosse di capra e un po’ di carne diversa dal solito cammello. La vita scorreva serena, spensieratamente, senza pensare all’avvenire se non in tinte rosee. Ci si divertiva con tutto, con niente e con molta fantasia. La sera ci si riuniva all’unico caffè all’aperto ad ascoltare una radio gracchiante, asfittica e scoppiettante. E si inventavano passatempi e scherzi certe volte ai limiti della sopportazione: ne ricordo alcuni ideati dall’inesauribile già citato S. P. Il primo: un pomeriggio, mentre tutti dormivano, chiamò a raccolta tre o quattro compagni pregandoli di aiutarlo a procurare una carriola, un po’ di mattoni, un po’ di gesso e gli attrezzi. Nascosero tutto in un vicoletto e lo lasciarono là. Quando fu sera e tutti ormai erano riuniti al caffè, pregò alcuni amici di intrattenere un certo sergente piemontese, grande e grosso, voce tonante, spacca montagne ma inoffensivo come una colomba imbalsamata, fino a tarda ora facendolo bere il più possibile. Nel frattempo lui e gli altri andarono a prendere la carriola con il materiale, arrivarono alla casupola del piemontese e in poco tempo gli murarono la porta di casa, la dipinsero di bianco per renderla corpo unico col muro esterno e se ne tornarono al caffè. Quando fu l’una dopo mezzanotte e la centrale aveva già sospeso l’erogazione dell’energia elettrica, S. in testa seguito da un corteo di amici, accompagnò a casa la vittima e fece finta di lasciarlo in prossimità della porta ormai resa invisibile. E si divertirono da matti ad ascoltare le imprecazioni del malcapitato che pur essendo arrivato a casa non riusciva ad entrarvi. Un’altra volta toccò a un sottufficiale che aveva trascorso tutta la serata con i soliti amici alzando il gomito senza controllo. Quando, entrato in casa, stava per buttarsi a letto esausto, si accorse che il suo posto era occupato da un macilento somarello sottratto provvisoriamente a un arabo. Dovette faticare parecchio per farlo uscire sparando maledizioni all’indirizzo di ignoti. Infine lo scherzo più atroce. Uno della compagnia era di ritorno dal viaggio di nozze in Italia accompagnato dalla sposina. Per S. era un’occasione da non perdere e organizzò per la circostanza un’accoglienza che rimase memorabile. Avvalendosi della sua esperienza di elettricista e di radiotecnico ebbe tutto il tempo di rimediare il materiale occorrente e di predisporlo con cura. I novelli giunsero verso sera stanchi per il lungo viaggio, si ritirarono subito nel loro nido. E mentre erano beatamente smarriti. nell’amplesso, nell’estasi, nell’incanto notturno del Sahara, le loro parole, i gemiti, i sospiri, lo scoppiettio dei risolini e il giocondo affannarsi dei due corpi insaziabili, venivano incanalati nell’altoparlante sistemato in piazza per il godimento gratuito di uno spettacolo radiopornografico antesignano di quella rivoluzione sessuale che doveva scoppiare mezzo secolo dopo.
Il viaggio
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