Mestieri
commercianteLivello di scolarizzazione
licenza scuola media superiorePaesi di emigrazione
SomaliaData di partenza
1941Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Sono le ultime ore di libertà per Carlo Ciseri e i suoi commilitoni. L’avanzata dell’esercito inglese e dei guerriglieri etiopi non incontra ostacoli e il contingente schierato a Wondo Genet, qualche centinaio di chilometri a sud di Addis Abeba, sta per cadere prigioniero.
Un chiaccherio ed un insolito rumore sempre crescente ci fa balzare in piedi. Sono le 4. E la divisione che sta iniziando il movimento e le fucilate aumentano e la confusione si fa sempre più intensa; ogni tanto qualche pallottola sibila più vicina — eccoci all’inizio del momento critico che potrebbe durare tutto il giorno che potrebbe degenerare in tragedia questa sera e forse anche prima. Non appena gli ultimi della colonna sono partiti ecco un urlare di uomini e donne, un tramestio più intenso qui vicino alle rende dell’ospedale. Che avviene? Siamo entrati nel periodo critico? Le fucilate sono qui prossime e a queste seguono grida di donne urla di uomini – fischiano le pallottole molto vicine, ma la curiosità e la necessità di rendersi conto ci consiglia di andare a vedere. Sono gli indigeni che hanno invaso i magazzini viveri, i borghesi indigeni, le donne, le sciarmutte che stanno facendo razzia – e poiché la ragione in questi casi è del più forte – si sparano l’un con l’altro per accaparrarsi la preda, il bottino. Ci sono diversi morti, ma non conviene avventurarsi troppo perché le pallottole non hanno occhi e poi le donne specialmente vanno razziando nelle tende e nelle baracche dei bianchi col preciso proposito di voler razziare tutto ciò che appartiene ai bianchi. È uno spettacolo selvaggio, che ha del fantastico e del ributtante, ed è quanto mai doloroso vedere questa gente che fino a poche ore prima giuravano la loro fedeltà ed ora vista la nostra impotenza ci assalgono e ci depredano. Del resto è naturale. Quando mai questa gente ha avuto un vero sentimento?
La loro fedeltà in ragione diretta della loro paura e della nostra forza. Ritorna la calma o quasi. Ormai il magazzino è svaligiato e gli ultimi indigeni corrono verso le proprie abitazioni trasportando il bottino. Sono circa le dieci: ma nonostante il bel sole che potrebbe tenerci più sollevati, siamo sempre in ascolto e vigili verso la strada che scende dal monte verso il paese – e verso tutti i punti della boscaglia dai quali potrebbe giungere una sorpresa. Ad un tratto un lontano rumore dì motori ci fa rizzare le orecchie ed aguzzare gli occhi. Dalla strada di Ula scendono delle macchine… delle autoblinde inglesi? Si – no – sono le nostre che rientrano, è la retroguardia, che dovrà fra due ore seguire la divisione – dietro le autoblinde c’è una compagnia di ascari; questa constatazione ci tranquillizza venendo a sapere che il 58 Btg. è ancora qui con una compagnia sulla strada di Dalle ed una sulla collina ad est – e questo che arriva ora rimarrà in Uondo fino a mezzogiorno. Due ore ancora di sicurezza e poi saremo in balia di noi stessi o per meglio dire o degli Scifta e degli inglesi.
Le autoblindo sono appena arrivate in piazza del paese seguite dalla compagnia del Cap. Melano che si sente ancora un rumore di motori. Ancora nostri? corre voce che sono le nostre ultime autoblinde – ma corre anche quella che sono già tutte rientrate. Sono, non sono – è un alternativa nella quale prevale quella che sono nostre, infatti delle voci echeggiano dal fortino e dal Comando presidio, indistinte, finché una più forte grida: non sparate sono nostre. Non sparare, non sparare!… Intanto le autoblinde hanno raggiunto la curva nascosta dietro la collina e compaiono sul rettifilo all’inizio del paese. Dalla collinetta dell’ospedale si può osservare ogni movimento. Le Blinde avanza-no finché sono vicine e visibili. Non sono nostre. Sono inglesi. Ormai sarebbe inutile contrapporre una resistenza che non potrebbe portare che ad un macello inutile – è finita. Abbiamo evitato il pericolo di ribelli, ma dobbiamo cadere in questo caos disgustante quale sarà la vita del prigioniero – privazioni niente più libertà – esposto agli scherni ai sorrisi ironici alle frasi sagaci e poi… chi sa. Pochi minuti ancora di attesa poi si avvicina un ufficiale seguito da un «Kakuia» (ascari inglesi) io mi ritiro, non mi faccio vedere passa vicino alla mia tenda e si dirige in quella della direzione dell’ospedale. Sento che si domanda di qualcuno che parli inglese, ma poiché non voglio farmi avanti subito aspetto nella mia tenda e mi muovo solamente a ripetuti richiami quindi mi presento. L’ufficiale è un capitano il comandante delle Autoblinde – si chiama capitano Still – lo accompagno alla visita all’ospedale dandogli ogni spiegazione richiestami – è gentile e molto affabile di una affabilità e gentilezza prettamente inglese nella quale si legge la soddisfazione di aver fatto prigionieri in numero rilevante, circa un migliaio, e di aver occupato il paese con sole cinque autoblinde senza sparare un colpo!.
Chi era preposto per la resistenza che cosa ha fatto? Terminata la visita all’ospedale Still si accomiata da noi e si dirige verso il fortino. Intanto sono arrivati altri carri con truppa – altre autoblinde – il paese in poco tempo è presidiato da sufficienti truppe – ed ora è un andirivieni di soldati di ufficiali. E arrivato anche l’ospedale da campo inglese che ha preso posto accanto al nostro, ci sono due capitani medici – uno è inglese e l’altro è olandese – il primo è un uomo simpatico e buonaccione. Il resto della giornata è passata assai movimentata, ma molto semplicemente. Confesso che mi sento più sereno ora che è passato il momento più critico di questa situazione, e anche perché è passato in un modo piano e senza inconvenienti. Che cosa mi riserberanno i giorni a venire? Vedremo.
Il viaggio
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SomaliaData di partenza
1941Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Gli altri racconti di Carlo Ciseri
L’uomo nuovo
Sentii subito una grande simpatia. Le sue parole mi piacquero, mi piacque la sua fierezza, la...