Mestieri
pittoreLivello di scolarizzazione
licenza scuola media superiorePaesi di emigrazione
EtiopiaData di partenza
1939Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)L’incontro con un nipote di Hailé Salassié, Negus spodestato di Etiopia, consente a Giuseppe Serra di scoprire la dimensione intima della vita aristocratica locale.
Dopo qualche giorno il ritratto del Ras è già pronto per essere consegnato al committente. Dopo averlo bene incartato mi reco a piedi, il dipinto sotto l’ascella, all’abitazione del Principe. Sono circa le ore 17, il pomeriggio non è caldo, anzi tira un venticello dai monti di Entoto che rende fresca la serata, anche se nell’aria permane l’odore nauseante del fumo delle zolle di sterco d’animale bruciato, caratteristico in tutto il territorio. Non appena arrivato alla dimora del Principe, mi viene incontro egli stesso e la sua donna «preferita». Vengo introdotto nella abitazione dove attendono i familiari. Sul pavimento nella casa sono stesi tanti tappeti e stuoie orientali che coprono tutta l’area. Anche se è una abitazione meno importante di quella Reale, si presenta accogliente e signorile. Vengo presentato a una decina di donne e agii altri familiari. Il Ras mi chiarisce che quelle donne sono le sue ex mogli. Vengo presentato, poi, alla «preferita» che è la moglie ultima della serie. Ci sono anche tanti figli e nipoti, bella famiglia, insomma. Ci sediamo nella grande sala tutti tappeti all’araba a gambe incrociate. Viene servito il tè e l’injerà (injerà una schiacciata rotonda di teff o miglio, condita con salse di aromi piccanti di origine vegetale). Al centro sul tappeto c’è un grande canestro con dentro le fette del injerà e un grande piatto decorato con disegni orientali riempito di salsa piccante. Penso ci sia dentro anche il peperoncino macinato. Io sono seduto fra il Ras e la sua «prima donna». Sono molto giovane e trovandomi in tanta grazia per me un «miraggio» in un sogno d’estate. Vedo che le donne sono indaffarate a preparare il tè alla turca. In un bricco hanno messo il tè e lo zucchero insieme e messo a bollire. Sono in pensiero perché non sono abituato a bere e a mangiare quegli intrugli. Seguo con attenzione tutta la fase dei preparativi.
Inizia il servizio. Una delle donne, con il grande vassoio di porcellana con il tè e un’altra con un diverso vassoio entro quale spiccano le tazze giapponesi trasparenti, con figure di «geishia», e una terza donna con in mano altro vassoio con le fette di injerà, iniziano il cerimoniale. Viene riempita di tè una prima tazza. Il padrone di casa lo fa assaggiare, uno alla volta in giro, a tutti i presenti e in ultimo la tazza la prende lui e la passa a me. Sull’istante mi trovo confuso e disorientato, ma poi mi faccio coraggio e bevo il tè rimasto nella tazza. Chiarisco. Il tè nella mia tazza non è stato bevuto, ma appena sfiorato con le labbra nell’atto di assaggiarlo. Il Ras mi fa presente che l’atto è un modo orientale di dimostrare all’ospite che la bevanda non è avvelenata e una dimostrazione di riguardo e di amicizia all’ospite. In questo momento avrei preferito meno riguardo e meno passate di bocca in bocca! Ad intervalli la donna che mi siede a fianco prende dal vassoio un pezzo di injerà, lo intinge nel sugo con le spezie, mi fa cenno di aprire la bocca, e mi imbocca il tutto con le mani. Sono per me momenti di grande prova di stomaco forte e forza di volontà. Manca un attimo che non vomiti. Quando tutto è finito, mi sento liberato da una condanna. La vita coloniale è un poco monotona, ma ha i suoi momenti interessanti e pieni di fascino.
Alla fine il Ras mi chiede quanto deve darmi per il ritratto. Gli rispondo che desidero farne omaggio alla Sua regalità. Mi ringrazia con molta riconoscenza ed amicizia. In cambio mi fa omaggio di una antica scimitarra artisticamente cesellata, di uno scudo di cuoio a forma conica molto antico e dipinto a mano con figure di guerrieri abissini, e di uno scacciamosche di crine di cavallo arabo, con il manico lavorato con tasselli di intarsio madreperlati. Si è fatto ormai tardi, ma il cielo è ancora illuminato dal sole violaceo e rosa che sta per nascondersi dietro i monti di Entoto. Chiedo al Principe di potermi congedare. Saluto le donne e i familiari. Non mancano gli inchini all’orientale. Viene ad accompagnarmi sulla porta il Ras personalmente. Mi dice che i regali mi saranno portati nel mio studio dal personale della sua corte, l’indomani. Ritorno a casa trasognato per la grande meraviglia, esaltato dall’aria tersa, senza sfumature, della sera.
Il viaggio
Mestieri
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licenza scuola media superiorePaesi di emigrazione
EtiopiaData di partenza
1939Periodo storico
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15 novembre 1939. Verso le ore 17 è venuto nel mio studio personalmente il Ras Ligg...