Paesi di emigrazione
CroaziaData di partenza
1946Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)La famiglia di Nella arriva nella casa che gli è stata assegnata, a nord est di Bengasi, nella borgata intitolata a Fabio Filzi.
Il nostro paese era lontano cento chilometri da Bengasi. Abbiamo viaggiato nel deserto non so per quante ore, fattostà che siamo arrivati là in piena notte. Non c’era anima viva ed era buio pesto: di luce nemmeno parlarne. Senonché si fece avanti un arabo che aveva l’incarico di consegnarci la chiave di casa. Entrammo e dentro, naturalmente, era buio; questo arabo ci fece capire che in un grande cassettone c’era tutto l’occorrente, tra cui dei viveri e anche dei fiammiferi con i quali l’arabo aveva già acceso una candela. Eravamo tutti impauriti in questo posto così estraneo. C’è da dire che le case erano lontane una dall’altra anche trecento metri. Non parliamo poi del paese che distava cinque chilometri. Io non ricordo di essere mai andata una volta: ci andava papà con i miei fratelli più grandi. Ricordo che avevamo degli animali tra i quali un asino che, attaccato ad un carretto, ci permetteva di andare in paese. Guarda caso, questo bel paese si chiamava Fabio Filzi: dico questo perché Fabio è il sopranome della mia famiglia. Là andavamo a fare la spesa, se così si può dire, e ricordo di aver mangiato tanto miele e qualche banana: da notare che allora era un lusso permetterci questi «capricci». Non sto qui a raccontarvi altri particolari perché ci vorrebbe troppo tempo e poi la memoria mi scappa. Tutto sommato si stava bene, non ci mancava nulla. Mio padre e i miei fratelli si erano rimboccati le maniche per bonificare quella terra arida. Si cominciava ad abituarsi a quel clima, a quel deserto, a tutti quegli arabi che venivano per casa, tanto che la mamma cuciva loro le camicie, i pantaloni e in quel breve periodo di pace si andava tutti d’accordo, si stava bene; avevamo tutte le comodità: c’era il lavatoio, il forno per fare il pane (la prima volta invece del pane si fece carbone, tanto era bruciato). C’era la stalla con le pecore, una mucca, l’asino e il maiale. A questo punto noi avevamo il Paradiso in terra… pensate che nel millenovecentoquarantuno papà, per aver coltivato l’orto più bello di tutti i coloni del paese, ottenne un premio di cinquecento lire. Devo dire che dell’Italia non avevo più tanta nostalgia; ormai eravamo trapiantati là ed eravamo tutti contenti.
Il viaggio
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