Mestieri
studentessaLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
CroaziaData di partenza
1996Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Dopo un mese di permanenza a Plavno in Croazia, nel 1996, Elisa traccia un primo bilancio della sua esperienza di volontariato al fianco delle persone anziane della zona, abbandonate dai figli in fuga a causa della guerra che da anni incendia in Balcani.
mercoledì, 18 settembre
Settembre è stato comunque il periodo più duro per me da che ho iniziato ad andare a Plavno. Decisamente è stata la fine della mia adolescenza. Quando in fondo in fondo credevo che non poteva che vincere il bene alla fine e se tu ne sei “il rappresentante” allora sei sicuramente dalla parte del giusto e tutti te lo riconoscono. Che botta! E chi ha vissuto quel mese con me ha dovuto sopportare ancora le mie ribellioni ad un’evidenza che loro avevano riconosciuto da tempo ormai e, per non impazzire, avevano accettato. È incominciato con la storia della Maria, quando l’hanno aggredita. Eravamo rimasti solo in tre, io, Andrea e Fabrizio. E la sera, quando, in cucina preparavamo la cena e poi quando si stava lì a chiacchierare, sentivamo le macchine che passavano davanti casa e proseguivano in su e non sapevamo che fare, perché inseguirle poteva essere più pericoloso ancora. Così si parlava d’altro ma mi capitava di guardare l’orologio in continuazione per vedere quanti minuti erano stati su e a pensare cosa potevano aver fatto in quei minuti. Una sera ho ceduto, con Andrea. Ci impazzisco a stare qui e fare finta di niente. E ho trovato che Andrea, anche lui ci pensava. Quella sera ci siamo messi fuori dal portone sul ciglio della strada, la sigaretta ín mano per giustificare anche a noi lo stare lì in attesa. E un’altra sigaretta per aspettare il ritorno delle macchine, che non ci fosse fra quelle la volfswagen gialla ZD 742 AB ché si sarebbe diffuso il panico. Forse è quella sera, nell’impotenza celata dal fumarsi una sigaretta e raccontarsi storie, che ho dovuto rivedere i miei ideali e le mie certezze. Fra le macchine che sono tornate indietro non c’era la Golf, le altre cariche di mobili presi nelle case abbandonate che hanno spento i fari perché non si leggesse la targa quando si sono accorte che eravamo lì, unico ridicolo riconoscimento della nostra presenza a Plavno. Noi, illusi di fare da garanzia alla sopravvivenza dei nostri vecchietti. Ma da quella sera ne ho viste passare tutti i giorni, di macchine, e specialmente una, verso sera, che con Mauro per ore avevamo lottato contro gli alberi verdi che Duro voleva gli tagliassimo per l’inverno, e ce ne tornavamo a casa sporchi e bagnati di resina ma in fondo contenti del lavoro che avevamo fatto e verso Iovicic una golf nera con il retro pieno zeppo di legna, ben tagliata in tronchetti corti, come quelli che avevamo appena finito di segare. E la sensazione netta e lucida che il mondo ti sta prendendo per il culo. Settembre è passato così, per la maggior parte, prendendo targhe di macchina e cercando di indovinare da dove venivano. La polizia che non ti riceve, è sempre in pausa-non-so-che e intanto la legna se ne va a valle insieme alle cose più incredibili: un giorno era un carretto legato dietro la macchina pieno di pannocchie di grano, un altro abbiamo visto una sorta di 500 jugoslava con una lavatrice sul tetto. La polizia è apparsa una volta, forse Oscar era riuscito ad ottenerlo. Ha incrociato addirittura un telonato senza targa che doveva aver svuotato un intero villaggio. Si sono scambiati un paio di parole dai finestrini. Poi il camion è ripartito verso valle.
Pensi di essere un eroe, che quello che fai lì non può che essere ammirato o rispettato, che tutto è dalla tua parte che il dialogo esiste sempre a risolvere qualsiasi problema e continui a ribellarti a quelle che ti sembrano ingiustizie, come se la tua indignazione potesse riportare gli equilibri a schemi a cui non sei disposto a rinunciare. Cerchi la logica che sta dietro a ciò che vedi, perché da sempre sei stato abituato alla coerenza in quello che succede. Ma se non rinunci, se non incominci a vivere ogni giorno, dopo giorno senza cercare un filo conduttore, rischi di impazzire perché puoi incazzarti, piangere, urlare, ma ne uscirai sempre e comunque ridicolo. Grazie Mauro che per primo mi hai parlato di difese, mi faceva schifo solo a pensarci perché voleva dire uccidere definitivamente l’entusiasmo giovanile, gli idealismi dí una ventenne un po’ troppo ingenua. Non c’è nulla di eroico, nel crearsi delle difese. Ai miei occhi era il massimo della vigliaccheria, occhi di chi parla prima di vivere, che sostiene fieramente di preferire comunque mettersi in gioco, invulnerabile sotto lo stendardo del “fare del bene”. Grazie. Non sarei mai più tornata a Plavno altrimenti.
Il viaggio
Mestieri
studentessaLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
CroaziaData di partenza
1996Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Gli altri racconti di Elisa Frassetto
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