Mestieri
sarta, educatriceLivello di scolarizzazione
frequenza elementarePaesi di emigrazione
FranciaPeriodo storico
Periodo post-unitario (1876-1914) Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Grazie agli zii paterni, socialisti emigrati in Francia per sfuggire alla persecuzione fascista, Anita scopre la politica.
Inoltre, negli ultimi mesi del 1936, le rivendicazioni, le manifestazioni mi avevano sensibilizzato a sinistra, anche se appartenevo per il mio lavoro alle libere professioni. Non avendo nessuna coscienza politica mi facevo delle domande che quasi sempre restavano senza risposta. Frequentavo persone piuttosto aperte poco conformiste. Le donne non avevano ancora il diritto di voto, ma sapevo che da parte della mia famiglia italiana, io avevo delle radici profondamente rivoluzionarie. Non mi resi conto di tutte le prese di coscienza se non frequentando il consolato italiano di Nîmes. In quanto orfani di guerra italiana, eravamo recensiti al consolato. Verso il 1930, i miei quattro zii rifugiati a Nîmes, noti antifascisti, erano stati individuati dal consolato. Inizio più grande, Attilio, il nostro tutore. A parte gli obblighi legali inerenti alla nostra qualità di orfani di guerra, per i quali i miei zii andavano al consolato, noi non andavamo mai alle cerimonie, che, in quanto rappresentante del “fascismo all’estero”, il console organizzava per celebrare anche la minima festa fascista.
I miei zii lavoravano tutti come operai agricoli stagionali: mietitori, vendemmiatori e le mie zie spesso cucinavano per loro. Gli immigrati italiani arrivano sempre anima, cercavano lavoro e molti andavano da mio zio Attilio che viveva nel quartiere dei “macaroni” (nome dato agli italiani che vivevano in un vecchio quartiere di Nîmes e dove noi abbiamo abitato nel 1915, epoca in cui la miseria faceva fuggire gli italiani dal loro paese). I più poveri trovavano presso mio zio di che mangiare e dormire in attesa del lavoro. Le mie zie avevano avuto l’idea di realizzare un piccolo ristorante in città, nella speranza che forse qualcuno avrebbe pagato. La cucina italiana era buona e il ristorante franco-italiano della via Guizot diventò presto famoso. Mia madre qualche volta aiutava e anche io, aiutavamo le zie. Ma il consolato italiano vigilava ed io pensai che il ristorante fosse diventato un covo antifascista. Lo stesso console, una brava persona, veniva a mangiare ed io, sempre molto curiosa, a volte parlavo con lui.
Il viaggio
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