Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)La bellezza del paesaggio africano, del Nilo che in Sudan comincia la sua corsa, ma anche le privazioni che rendono difficoltosa la vita di tutti i giorni.
Finalmente arrivò il giorno della nostra destinazione: Bentiu. Fino ad allora avevo viaggiato in aereo o su camion o in jeep. Ora sarebbero iniziati i nostri viaggi sul Nilo. Il battello era lento, andando contro corrente. Viaggiavamo in prima classe, se così si può dire, e avevamo una piccola cabina tutta per noi. Era abbastanza pulita anche se dovevamo difenderci dalle pulci, dai pidocchi delle lenzuola, dalle mosche e dalle zanzare… Se solo l’occhio si spingeva poco più in là, dove il “babur” diventava un’enorme stanzone, il cuore si stringeva. Le persone viaggiavano stipate, sedute sulle loro stuoie con una dignità quasi regale, tra le loro pentole, i loro figli, le loro galline. Tutti vicini, sempre: a mangiare, a parlare, a dormire con quei pochi stracci logori che avevano addosso. E anche lì mosche, zanzare, pidocchi e odori… Erano sempre calmi, anche i bambini, lo sguardo spesso lontano… Il tempo sembrava non scorrere, il tempo non aveva importanza. Si alzavano col sole, si coricavano assieme al sole. A volte parlavano, si animavano, ma lunghi erano i silenzi, e gli occhi, sempre tristi, persi lontano. Di tanto in tanto una mano scacciava le mosche dagli occhi, i bambini le sopportavano. Tanta povertà e tanta miseria non l’avevo mai vista, nemmeno tra gli Azande. Ora che ce l’avevo davanti, reale, mi faceva sentire piccola, piccola e impotente e mi vergognavo. Mai avrei potuto, mai avrei accettato di vivere così. Mi sentivo a disagio. Poiché ero bianca godevo di alcuni privilegi, come avere una cabina accanto a quella del capitano arabo. Forse ero fuori posto, ma volevo vedere, sapere, conoscere tutto del popolo Nilotico tra cui ero arrivata. Bol era il mio unico interprete e lo sarebbe stato ancora per un po’… Era bello viaggiare sul Nilo se gli occhi e la mente si soffermavano solo sulla natura, soprattutto di notte in un silenzio irreale. Il Nilo è un’Entità che ti avvolge. E’ la vita e la morte, è la culla e la tomba. Le sponde sono insidiose. Non sai mai quale guerriero si nasconda tra gli alti papiri. Nell’acqua peschi e ti lavi, ma attento alla tua mano se passa un coccodrillo. Ne bevi l’acqua e se sarai fortunato non ti verrà l’ameba, ma è l’unica acqua a tua disposizione, non puoi rifiutare. E magica è la brezza della sera, dopo l’afa del giorno, se ti lasci cullare. Un’esperienza che ricordo con piacere, ma non so collocare nel tempo, fu di avere avuto l’occasione di stare alla guida di piccoli battelli, col permesso del capitano arabo e di Bol. Ricordo come, all’imbrunire o di notte con la luna piena, fosse facile addormentarsi, facendo avvicinare troppo l’imbarcazione alla riva. Mi ricordai di Palinuro il quale, al timone della nave di Enea, si addormentò e cadde in mare. Sperimentai quanto fosse facile per un marinaio cedere al sonno, e mi domandai che stratagemmi usassero per rimanere svegli. Viaggiando sul Nilo il cibo non mancava. Tutti, persino i bambini, riuscivano a pescare con un pezzo di bava e un amo. Ci provai anch’io ma senza prendere nulla. Mi mancava qualsiasi capacità e possibilità di sopravvivenza in quei luoghi primitivi. Eppure ne ero affascinata. Molti anni dopo quello stesso fiume sarebbe stato testimone degli eccidi perpetrati durante la seconda guerra civile. I battelli, attaccati militarmente, sarebbero stati bruciati e le acque avrebbero trasportato, oltre i detriti, cadaveri e sangue.
Il viaggio
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