Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Sono i primi giorni di vita della piccola Gloria, figlia di Silvana, nata in Sudan nel 1974.
La bambina era chiara ed era molto bella, mi piaceva soprattutto la sua bocca. Aveva esattamente i lineamenti di suo padre. Pesava quasi tre chili (sei rotul e dieci) ed era lunga cinquanta centimetri. Appena mi alzai la presi in braccio per allattarla. Mi vennero le ragadi ancora nei primi giorni e quando la bambina si attaccava provavo un gran dolore. Usai l’olio di vaselina per ammorbidire i capezzoli senza risolvere un gran che. Avevo anche i capezzoli piccoli e la bambina faticava a prenderli e a succhiare, così cominciò a piangere e piangeva spesso. Dubitai di avere abbastanza latte e pensai che la bambina piangesse per la fame. Su consiglio della suora provai a togliermi il latte spremendo le mammelle ma, nonostante le sentissi piene, riuscivo a ricoprire solo il fondo di un bicchiere. L’allattamento divenne per me un problema. Non ricordo quando passai all’allattamento misto ma credo presto, e misi in dubbio di essere una buona madre. In Africa una donna allatta i suoi figli almeno fino ai due anni. Avevo un altro motivo per sentirmi inadeguata in quel Paese. La bambina stava sempre con me. Avevo preparato il suo corredino e non avevo problemi per vestirla o cambiarla. Più la guardavo più mi piaceva. Se non fosse stato per il problema del latte sarebbe stato tutto perfetto. Nonostante avessi meno tempo andavo a trovare i bambini dell’orfanatrofio, ma avevo sempre la piccola in braccio. Appena mi allontanavo dal mio letto non sapevo dove appoggiarla e facevo ciò che mi era possibile fare con una mano sola. Avrei dovuto comperarmi la stoffa e costruirmi una fascia da portare addosso per tenervi dentro la bimba alla moda africana. Ma l’immagine che avevo della mia mamma non mi permetteva di fare questo. Non mi passò neppure per la testa di poter risolvere il problema in un modo diverso da quello che era: “la mia immagine di mamma”. Ci penso ora. E desideravo tornare presto a casa per potermi organizzare meglio.
Quando Bol arrivò la bambina aveva cinque giorni. Il primo giorno fu meraviglioso. Decidemmo il nome della bambina e Bol andò a registralo portandomi il certificato, era il primo marzo 1974. Ricorreva in quei giorni il secondo anniversario della pace. Nell’anno precedente i festeggiamenti si erano svolti a Juba. Per il tre marzo del ’74 fu scelta Malakal e la città era in festa. Fu per questo che Bol chiamò sua figlia Gloria, come a dire “Gloria a Dio per la pace”. E poi volle chiamarla Nyariay, nome nuer che significa “bimba del fiume” o “bimba dell’acqua”, poiché mentre nasceva egli stava navigando sul Nilo. Come ogni Nuer padre di una bimba ripeteva: “baggar” (mucche). Secondo l’usanza, una figlia avrebbe portato in futuro, a seguito del matrimonio, molte mucche alla famiglia del padre. Non so se Bol avesse pensato davvero di ricavarne delle mucche, non me lo disse mai. In quel momento era molto felice.
Bol era stato incaricato di preparare il ballo folk del gruppo Nuer. Il gruppo era formato da ragazzi e ragazze molto giovani. Un giorno Bol arrivò in ospedale con tutte le ragazze del ballo che erano curiose di vedermi. Non dissi nulla, ma il pensiero di sapere mio marito in mezzo a tutte quelle giovani mi disturbò un pochino. E ancora più sconvolta rimasi quando Bol mi disse di aver seguito personalmente la preparazione dei costumi per il ballo dei ragazzi e delle ragazze e che aveva vestito queste ultime con le sue mani. Così, di tanto in tanto, pensieri cupi mi opprimevano. Bol veniva a trovarmi tutti i giorni, ma non poteva trattenersi a lungo a causa del lavoro. All’ottavo giorno dal parto andai “sull’Abuangia”, un grande battello su cui mio marito era alloggiato assieme a tutti i Nuer, provenienti da Bentiu, Ler e Adok, che avevano partecipato ai festeggiamenti. Ma la sera avevo la febbre e dovetti tornare all’ospedale. La parte di placenta rimasta nell’utero aveva creato problemi così decisero di sottopormi a raschiamento uterino.
Il viaggio
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