Mestieri
contadinoLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
EtiopiaData di partenza
1939Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Giosino Fino, prigioniero degli Alleati nel 1944, viene trasferito dall'India all'Australia. Qui, impiegato per dei lavori agricoli, conosce Margherita e se ne innamora. La guerra, e soprattutto l'Italia, sembrano solo un ricordo lontano.
Non ricordo di preciso in che mese del 1944 fui trasferito in Autralia. Facemmo 50 giorni in nave. Melbourne, che città! Non bastava un giorno a piedi per attraversarla. Non ne avevo mai visto una così grande. Ero a circa 40 km. da Melbourne a Morchison. Non avevo nulla in cui mettere i miei effetti pérsonali. Ci portavano le gallette in grandi casse di legno di eucalipto, ne ho disfatta una e poi ho costruito una valigia. Ho battuto del filo di ferro per fare le fascette da mettere attorno alle tavole e i gancetti per aprire e chiuderla. Non avevo niente per fare un bel manico robusto così ho tolto una lingua delle mie scarpe di cuoio, l’ho aperta e imbottita di cotone. Avevamo delle baracche montate su palafitte. Addomesticammo dei canguri e giocavamo con loro alla box. C’era un’infestazione di conigli, erano stati portati dall’Europa e si erano moltiplicati, ne mangiai tanti che solo a pensarci mi viene il vomito. Mi proposero di lavorare nella fattoria della famiglia Gazzelli. Questa volta non si trattava di fare armi o qualche cosa che andasse contro l’Italia, così accettai e di giorno mi portavano là e la sera rientravo nelle baracche del distaccamento per quelli che lavoravano nei campi per gli australiani. Avevano almeno 50 mucche e la loro casa aveva le ruote, così la spostavano secondo il bisogno. Quando vidi la loro figlia Margherita rimasi sorpreso per quanto era bella. Erano anni che non vedevo una ragazza , aveva vent’anni ed era alta, forte e buona con una carnagione chiarissima così come i capelli e gli occhi. Ci affezionammo. Sulla camicia portavo una spilla e lei mi chiese cosa rappresentasse quell’aquila. Le raccontai tante storie come avevo fatto con Taitù.Ci innamorammo. Le dissi che mio padre era un collonnello dell’aviazione, che a Napoli avevamo un palazzo tutto nostro e che quando saremmo un giorno andati insieme in Italia, una carrozza di famiglia con un’orchestra sarebbe venuta a prenderci. Eravamo giovani e stavamo bene insieme..
Non potevo allontanarmi per più di 10 km. dal campo invece un giorno Margherita ed io andammo al mare con la sua macchina. Per il rientro facemmo tardi e mi misero in prigione. Il signor Gazzelli riuscì a farmi liberare. Ero svelto in tuti i sensi, invece di chiamarmi Giosino mi soprannominarono FOX . Ormai erano passati più di nove anni da quando ero partito. Se pensavo all’Italia e alla mia famiglia era tutto avvolto in una nuvola di fumo. Lontani, lontanissimi, quasi non ricordavo le loro facce. non ne sentivo più il calore dentro il cuore. Non avevo nostalgia dell’Italia. Avevo attraversato mari, stretti e oceani. Avevo visto donne nere buone e ribelli forti e selvaggi . Avevo 28 anni finiti ed ero lontano. L’Italia non mi apparteneva più.
Il viaggio
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