La decisione di partire

Le prime leggi razziali fecero la loro apparizione all’inizio del settembre 1938. A tutti gli Ebrei italiani era proibito frequentare scuole e università pubbliche (e queste ultime in Italia sono tutte pubbliche) come pure insegnare in esse. Gli Ebrei naturalizzati italiani, e Alex fra questi, perdevano ipso facto la cittadinanza ed erano invitati a lasciare il paese entro sei mesi. Il fatto che Alex avesse perso la cittadinanza italiana attirò su di noi commiserazione e affetto di parenti e amici. Tuttavia, in realtà fu una benedizione, perché impedì ogni a ulteriore tergiversazione da parte nostra. E’ vero, una clausola speciale permetteva agli Ebrei stranieri sposati con Italiani di rimanere nel nostro territorio, ma ci sarebbe voluta un’incredibile dose di ingenuità per attaccarsi a questo appiglio. Noi decidemmo che Alex doveva andarsene immediatamente, mentre le bambine e io saremmo rimaste indietro, pronte a partire appena egli ci avesse dato il “via libera”. I mesi che seguirono, gli ultimi nella mia terra natìa, furono così febbrili per ogni sorta di dettagli pratici da lasciar poco spazio alla tristezza. Non solo l’assenza di Alex aumentò le mie responsabilità quotidiane, ma si dovette procedere a chiudere sia la casa sia l’ufficio e ciò dovette essere fatto in modo discreto, perché la nostra partenza, se da un lato era imposta, dall’altro poteva incontrare resistenza.