Mestieri
insegnantiLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
Francia, Stati Uniti d'AmericaData di partenza
1938Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Carla e la sua famiglia ci sono riusciti. Fuggiti dall’Italia nel 1938 dopo la promulgazione delle leggi razziali, arrivano negli Stati Uniti nei primi giorni del 1941, dopo un lungo viaggio a tappe per distanziarsi dalla guerra che nel frattempo è dilagata in tutta Europa.
Partimmo da Lisbona il pomeriggio del 28 e la traversata durò dodici giorni. Non ricordo niente di quei giorni; li trascorsi per intero nella cuccetta superiore di una piccola cabina, perché soffrii il mal di mare violentemente e senza speranza. Ogni tanto Alex entrava, mi riferiva che le bambine si comportavano come vecchi lupi di mare, che Mamulia aveva fatto delle amicizie, che i passeggeri di prima classe erano così snob e arroganti come quelli di una crociera in tempo di pace. Oppure suggeriva che io salissi sul ponte per una boccata di aria fresca. Ci provai una volta, solo per essere spaventata a morte da onde che sembravano più larghe della nave stessa e per essere quasi spazzata via nei maledetti angoli del ponte. Non tornai più di sopra fino all’ultimo giorno. Non dimenticherò mai quel giorno! Era un giorno bello, radioso, sereno. Il mare era così calmo che sembrava impensabile che le onde avessero potuto agitarlo; così blu che non si desiderava di veder più un altro colore. La nave procedeva senza scosse, con calma; e ogni passeggero era sul ponte, crogiolandosi al sole invernale e ammirando i gabbiani. Con le loro ali quasi immobili, con il loro candore che brillava tra cielo e mare, essi circondavano la nave come una guardia d’onore. Ricordo che qualcuno disse: “Gabbiani! Essi annunciano la vicinanza della terra. Arriveremo ben presto.
“Mi ricordo di aver pensato com’era possibile che annunciassero la terra; sembravano così soprannaturali, così celestiali. Non li avevo visti, come mi accadde vari anni dopo sulla spiaggia di Long Island, librarsi sopra strade asfaltate, con conchiglie nel becco. Non li avevo visti far cadere le conchiglie, poi piombar giù e afferrare le conchiglie rotte … o difenderle, se per caso accadeva che qualcuno si avvicinasse, con l’aria bellicosa di leonesse che proteggono i loro cuccioli. Avrei dovuto sapere che i gabbiani in realtà appartengono alla terra e che, se mai preannunciavano davvero qualche cosa, erano le passioni terrene piuttosto che le beatitudini celesti. Ricordo in modo imperfetto le ultime ore della traversata. Ricordo solo che, quando le formalità furono espletate, era troppo tardi per sbarcare e che trascorremmo’ la notte all’ancora in qualche punto della baia. Ricordo che dal ponte della Serpa Pinto, guardavamo con bramosia la riva di fronte a noi e che non eravamo capaci di strapparci di lì per andare di sotto a letto. Non mi sembra di aver visto nessuno dei famosi punti di riferimento: non la statua della Libertà, non i grattacieli illuminati, non il profilo del centro della città contro il cielo. Solo la riva oscura e, lungo di essa, le luci in movimento di miriadi di automobili. Non potevo staccare i miei occhi da loro, affascinata e spaventata. Era possibile che anche a noi diventassero familiari quelle strade, che avessimo una casa, che vi ritornassimo in automobile alla fine della giornata? Tremando di freddo, io mi augurai in silenzio che la notte che ci attendeva potesse durare per sempre.
Il viaggio
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