Mestieri
infermieraLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
MadagascarData di partenza
2001Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Temi
paesaggioTemi
paesaggioAnnapia è un’infermiera che trascorre alcuni mesi in Madagascar, nel 2001, per prestare cure e aiuto negli ospedali locali. È giunta da poco a destinazione e sta prendendo confidenza con le abitudini del luogo.
Mahajanga venerdì 14 settembre 2001
Questa sera sono arrivata a IvIahajanga. Anche questa volta per fare il viaggio dalla capitale a qui abbiamo preso il Taxi-Brousse. La stazione dei Taxi-Brousse è un insieme di tante piccole baracchette fatte con lamiere colorate vivacemente; ciascuna ha il suo padrone da cui dipendono vari autisti. 11 ore dí viaggio per poco meno di 600 chilometri, dall’altopiano alla pianura. Su e giù tra le colline, dal fresco al caldo. Lunghi chilometri di strada a curve, con qualche villaggio ogni tanto e praterie sterminate fino all’orizzonte. Ma cos’è il Taxí-Brousse? E’ un piccolo furgoncino a 15 posti stretti, con una porta laterale. Sul tetto vengono messi i bagagli dei passeggeri: valigie, ceste contenenti galline vive, sacchi di riso, sacchi di carbone, ceste con pesce, … dì tutto, di più! Alle volte anche all’interno del bus, viaggiano le galline con i passeggeri. E non mancano le mamme che allattano. In malgascio “venerdì” si dice appunto Zorna. Durante il viaggio si incontrano spesso posti di blocco; per passare, il conducente deve regalare un giornale (ne ha aquistati apposta alcuni alla partenza) oppure sigarette o un po’ di denaro che nasconde nel giornale; spesso la polizia controlla il mio passaporto ma non mi preoccupo perché sono in regola con il permesso di soggiorno e perché sono in compagnia di una suora. Le religiose infatti sono ben viste tant’è che quando viaggiano da sole non vengono mai fermate dalla polizia. Suor Krystyna è molto gentile e facciamo presto amicizia; parla molto bene italiano e dice di essere italiana ma io sento qualcosa nel suo accento che la tradisce e allora scopro che stava scherzando: è polacca. Mi chiede di darle del tu ed io lo faccio subito volentieri. Durante la strada ci fermiamo per alcune soste; certi bisogni sono impellenti e bisogna fermarsi ma ne sono contenta perché posso sgranchirmi le gambe e la schiena; lo spazio in Taxi-Brousse infatti è così poco che è difficile cambiare posizione e mi sento un po’ “anchilosata”. Tutti si nascondono dietro cespugli per fare pipì ed io sono un po’ imbarazzata ma quando vedo che persino la suora fa lo stesso, seppur un po’ titubante mi decido! A metà viaggio ci fermiamo a mangiare in una baracca dì un piccolo villaggio; tutti ordinano riso ma noi da brave occidentali abbiamo i nostri panini. Verso sera ci avviciniamo a Mahajanga; anche stavolta è buio e la città non è più molto lontana ma non si vede quasi nessuna luce. Finalmente giungiamo alla stazione dei Taxi-Brousse, aspettiamo che i bagagli vengano scaricati e nel frattempo la suora cerca un taxi; un sacco di persone ci circondano: “taxi?” “taxi?” “vuole un taxi?”; appena vedono uno straniero si avventano. Infine arriviamo alla missione; ho avuto un’ accoglienza festosa e piena di affetto; le suore della comunità sono proprio felici di avermi con loro ma io mi sento un po’ disorientata e forse stanca. E’ già tardi e fra poco si va a tavola. Sul pavimento c’è un grosso scarafaggio lungo almeno 4 centimetri ed una suora velocissima con noncuranza … SPAF! lo spiaccica con la scarpa. Comincio ad intuire che dovrò convivere con tante bestioline.
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