Tripoli muore

1/1943 – Prima dell’alba si son visti lontanissimi, a Nord-Ovest dei bagliori d’incendio. In mattinata si sparge la voce che gli inglesi sono sbarcati oltre Tripoli; le notizie più contraddittorie si diffondono mentre dalla parte del mare, a Nord, nuvoloni neri di roba che brucia invadono il cielo. Un caccia sfreccia nel fumo e ogni tanto riappare. Che c’è? F. ha l’ordine di recarsi al btg. paracadutisti e stendere la linea. Nel pomeriggio, mentre chiacchiero con D., un boato immenso ci sbatte per terra, in cerca di un rifugio mentre nello spazio di qualche secondo una nuvola densissima si lancia, come proiettata da una forza sovrumana, verso il cielo. Saltano le polveriere di Tripoli! Boati si susseguono a boati fiamme a fiamme, distruzione a distruzione. Così finisce Tripoli. Col cuore in tumulto, pallidi, seguiamo l’agonia di Tripoli nostra e uno sconforto immenso ci invade. A che è valso lottare, a che soffrire tanto, a che tante vite hanno offerto se stesse in sacrificio quando abbiamo dovuto perdere Tripoli? Per la prima volta si parla di Tunisia. Gli uomini si son dati al saccheggio delle sussistenze. Nella notte gli incendi assumono proporzioni infernali, uno dopo l’altro si susseguono con una cronometricità impressionante; si sente che c’è un piano, che si distrugge dopo aver prestabilito tutto. La notte ha degli aspetti di bolgia e noi ci sentiamo piccoli, piccoli di fronte a questi avvenimenti di morte così catastroficamente lugubri. Tripoli, bel suoi d’amore… Italiani, Tripoli muore!