Mestieri
imprenditoreLivello di scolarizzazione
Paesi di emigrazione
ArgentinaData di partenza
1859Data di ritorno
1860Periodo storico
Periodo pre-unitario (fino al 1876)Nel novembre del 1859 Luigi Canzi, giovane imprenditore lombardo, arriva in Argentina al seguito di un amico impegnato in un’impresa di colonizzazione. I due ragazzi attraversano il paese a cavallo, da Buenos Aires fino a Salta, nella regione del Gran Chaco.
II professore Mantegazza ci aveva muniti d’una caldissima lettera di raccomandazione pel suo suocero Don Saturnino Fejada Saltegno, nella quale, oltre al pregarlo di renderci aggradevole il soggiorno della sua città lo invitava a voler ajutare Moneta onde riuescisse nella progettata impresa. Sapendo essere questo Signore assai cordiale ed uniformandoci inoltre ai costumi del paese, ci recammo diffilato alla sua casa: sulla soglia di questa eravi un Signore al quale domandammo di Don Fejada. “Per servirli, son io stesso” ci rispose quello. Allora Moneta mi passò avanti per consegnarli addiritura la lettera che teneva nel portafoglio. Qui bisogna notare che avevamo fatto circa 900 miglia a cavallo, che spesso avevamo dovuto montare puledri indomiti, seppure per una fortunata combinazione non eravamo mai caduti. Togliendo dal portafoglio la lettera di raccomandazione per consegnarla, io, non so ancora adesso come Moneta concertò la cosa, fatto sta che cacciando la mano destra nella tasca al lato sinistro, alzò le gambe dall’altra parte e punff come un sasso, la testa per la prima, cadde fra le gambe del nostro futuro ospite. Naturalmente intorno a noi s’era fatto crocchio di curiosi e ti puoi immaginare che bel ridere fecero alle nostre spalle. Tejada si teneva il ventre con una mano e coll’altra cercava di rialzare Moneta. Render conto di tale caduta, mentre il cavallo non mosse manco la coda, sarebbe cosa impossibile. Moneta stesso non lo poteva, diceva d’aver perduto l’equilibrio, ecco tutto, in qual modo poi non lo sapeva. Cessato quello scoppio inevitabile d’ilarità il Sig. Tejada ci fece entrare in sua casa, ove ci ospitò per tutto il tempo che fummo in Salta, e non mi sarebbe possibile il dire tutte le gentilezze che ci furono usate in quella famiglia. Nostra prima cura doveva essere l’affare della Colonia, e perciò il Sig. Tejada ci presentò al Governatore e a molte altre persone influenti, dirò anzi che egli aveva per le presentazioni una vera smania; declinò il nostro nome a mezza Salta e ci conduceva in giro a farci vedere quasi come curiosità. Io però, non fosse che pel mio vestiario, meritavo al certo gli sguardi di tutti. Calzavo un’enorme paio di stivali, pantalon nero di merinos larghissimo alla francese, una marsina troppo stretta e troppo corta (avevo portato meco l’antichissima pensandola già troppo di lusso per l’interno della America) una camicia di colore e cravatta nera, un cappello a cilindro, gibusdi merinos che mi aveva prestato Don Saturnino Tejada, alto non meno d’un braccio, con enormi tese fatte a barchetta e per me troppo largo sì che era sostenuto dalle sole orecchie. Questa mia toletta era l’effetto delle raccomandazioni di Mantegazza di vestirci bene. Son però persuaso d’esser in quei siti passato per un vero dandy.
Il viaggio
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imprenditoreLivello di scolarizzazione
Paesi di emigrazione
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