Mestieri
impiegataLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
Bosnia-ErzegovinaData di partenza
1988Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Il viaggio verso Medjugorje di Patrizia Fontana e dei pellegrini che l’accompagnano si dipana attraverso momenti di incontro e di spiritualità.
Splende di nuovo il sole! La bora di stanotte ha spazzato ogni minaccia di cattivo tempo ed il cielo è d’un azzurro intenso. Dal nostro balcone ci affacciamo su un paesaggio che non delude le aspettative di noi viaggiatori curiosi. Rimontiamo sul camioncino, qualcuno s’avvia a piedi per dare un’occhiata ai dintorni e raggiungiamo il grosso della comitiva per la prima colazione a base di thè, caffellatte, caffè, burro, marmellata, salumi e formaggi.
Partiamo subito dopo per raggiungere – derogando un poco al programma – la piccola Lourdes, una quasi perfetta copia della grotta francese, dove si venera la Madonna. La strada costeggia il litorale permettendoci d’ammirare un paesaggio di straordinaria bellezza: dinanzi a noi un mare d’un azzurro inimmaginabile da cui emerge l’imponente sagoma dell’isola di Bazza, un susseguirsi di piccoli centri, baie, promontori allungati pigramente nell’acqua … Il mare è increspato dalla forte bora e s’agita, destando creste bianche e spumose che si rincorrono mentre il sole dipinge zone d’un blu più chiaro sulla tavolozza azzurrissima della distesa d’acque. Penetriamo nelle vie affollate di alcuni paesetti e ci vengono incontro un piccolo mercato colorato e folkloristico, tanto verde, ragazzi che con guanti di gomma raccolgono le foglie cadute in terra e le gettano in ampi scatoloni di cartone … A destra, sempre il mare, a sinistra invece, s’innalzano costanti e brulli i monti su cui dovremo arrampicarci per raggiungere l’altra tappa del viaggio.
Jozo ci invita a recitare il Rosario e ci spiega la sua opinione sul perché la Madonna ci consiglia la preghiera: anche se all’inizio pregheremo un po’ controvoglia o senza molta convinzione, dovremo perseverare poiché’ prima o poi entreremo in comunicazione con Dio ed Egli, parlando alla nostra anima, ci indurrà a pregare con il cuore.
Eccola, la piccola Lourdes, un angolo nella roccia su cui, come un gioiello, è incastonata una piccola statua della Madonna circondata da fiori. Più in alto una grande croce di metallo luccica al sole; al di sotto un altare attorno a cui alcune donne del luogo o forse venute da lontano, in ginocchio ne percorrono il perimetro pregando.
Foto di gruppo ed una breve occhiata alla Via Crucis che si inerpica sulla montagna, mentre folate di vento gonfiano le gonne scure delle donne in preghiera.
Mentre noi ci attardiamo sul piccolo piazzale gli organizzatori vengono avvicinati da un giovane slavo vestito di bianco che chiede un piccolo favore: è venuto sin qui a piedi da Spalato ed è diretto a Medjugorje per tener fede ad un voto alla Madonna; mesi prima era caduto in coma e miracolosamente s’era salvato. Aveva così deciso di intraprendere a piedi il lungo viaggio, ma ora è allo stremo delle forze, vorrebbe un passaggio sul pullman fino alla nostra prossima meta, il piccolo centro di Ljubuski. L’autista esita un po’ perché nel pullman più di tante persone non si possono portare ed ha timore che la Miljcia ci faccia passar dei guai, ma gli organizzatori affidandosi alla Madonna, decidono di caricare anche lui. Il giovane si siede in fondo, tra i ragazzi e dopo pochi minuti è già nel regno dei sogni, mentre tutti noi cantiamo e preghiamo in coro al momento dell’Angelus.
Jozo ci avverte che a Medjugorje potremo effettuare la Confessione, sulla cui importanza e necessità Padre Antonio ci intrattiene, cercando di instillare in ogni animo il desiderio di una purifica-zione completa. Nella strada quasi deserta che si inerpica sulle montagne, d’improvviso incrociamo due bimbi piccolissimi che vengono dalla scuola del paese che ora s’intravvede sul dorso montuoso; le loro figurette in grembiuli bianchi si dileguano svelte sotto il nostro sguardo accompagnate da un agitar di mani. Il paesaggio è diventato scarno, estremamente sassoso: da tempo abbiamo lasciato il mare che appariva e scompariva dietro le curve a strapiombo, gli alberi contorti bruciati dagli incendi ed i tronchi bianchi calcinati dalla bora; ora ci sono sentieri impervii, piccoli lembi di terra coltivata tra i sassi, strappata a forza alle montagne, delimitazioni di pietra per recintare i campi, piccoli vigneti, siepi di more e melograni a profusione, in fiore o già colmi di frutti rossi e sugosi, collane di tabacco appese all’aria ad asciugare. Siamo ormai nell’Erzegovina e ci fermiamo a Ljubuski per il pranzo, in un piccolo ristorante gestito da una famiglia di corporatura imponente, tutti bruni e di belle fattezze, specie la ragazza che serve a tavola l’immancabile brodo con i tagliolini, la carne di maiale arrostita, pomodori e verza.
Il viaggio
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