Mestieri
musicistaLivello di scolarizzazione
frequenza universitariaPaesi di emigrazione
GiapponePeriodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Temi
paesaggioTemi
paesaggioDopo Tokyo, Osaka. Prosegue il viaggio di Alice Cappagli, musicista al seguito della compagnia della Scala di Milano. Acuta osservatrice dei paesaggi urbani, Alice si immerge nelle vie della terza città giapponese per grandezza, riempiendo il suo diario di annotazioni sulle molte cose degne di nota che si presentano di fronte ai suoi occhi.
Osaka 12 settembre
Dicono che Osaka non sia una città tanto grande, solamente (dicono sempre loro) otto milioni di abitanti. Una sciocchezza. Quindici milioni è Tokyo, poi c’è Yokohama con undici. Sarà senz’altro così però il suo terzo posto in classifica non la rende un’oasi di pace neanche confrontata a Tokyo. A venire in aereo dalla capitale è stato uno scherzo, circa un’ora di volo a bordo di un efficientissimo apparecchio di linea munito di schermo collegato alla cabina di pilotaggio: ci siamo così sorbiti decollo e atterraggio in prima fila con l’elettrizzante documentazione visiva che si tratti di due manovre da thrilling. Non ci siamo perciò neppure risparmiati un goliardico applauso al vellutato impatto del carrello sulla pista, anzi mi pare che sia il minimo che ci si potesse aspettare davanti ad un tale spettacolo. Solo che gli occhi delle hostess, ben truccati e programmati per il sorriso fisso, in questo caso hanno rivelato uno smarrimento momentaneo non essendo stati avvisati dell’eventualità di varianti estemporanee al protocollo da parte di passeggeri avvezzi al funambolismo sia pure musicale.
Osaka 13 Sett.
Ad Osaka c’è il sole, più verde rispetto a Tokyo, e numerosi corsi d’acqua attraversano la città così da scomporla rendendo meno traumatico l’aspetto del centro. Lì per lì mi sono fatta cogliere dall’entusiasmo, chissà forse mi sono illusa che l’aria limpida bastasse da sola a rendermi più familiari le tazze di caffè alla turca filtrato dalla vecchiettina della locanda in tunica bianca e bevuto poi a sedere sullo sgabello di bambù, o bastasse ad arricchire di secoli il castello ricostruito fino all’ultima pietra in mezzo al suo parco e munito addirittura di ascensore. Così, alla fine della seconda prova di Boheme ho deciso di vagare per l’Osaka notturna, quella fatta solo dai giapponesi dediti allo straordinario o al saké, ma certo senza la pretesa di esibire modellini o foto di cimeli storici in via di ricostruzione. Così mi sono affacciata giù dal ponte sul fiume lungo cui operai con la fiamma ossidrica svolgevano scrupolosamente il turno di notte, ho attraversato la ‘città sotterranea’, deserta terrificante nel suo squallore di saracinesche abbassate, nel suo dedalo di tunnel nudi illuminati dal neon malsani. Sopra, all’aperto, le solite luci meno coreografiche però di quelle di Tokyo incorniciano l’ingresso di alcuni negozi o grosse drogherie ancora aperte, o si rincorrono in stradine bagnate da una fantomatica pioggia. Dietro la stazione pullula un quartiere colorito di vita notturna che concentra insieme ogni vizio e sa irretire con l’abile alternanza di pacifiche locande e di taverne affrescate con figure pompeiane che però non hanno affatto la pretesa di buttarla sulla riproduzione artistica per camuffare l’unico contenuto del loro messaggio. L’intrico di strade prolifica in vicoli pieni di gente dove all’insegna luminosa si sostituiscono strisce di stoffa sventolanti e ricoperte di ideogrammi, oppure lanterne di carta colorata davanti a cui un giovane reclamizza con affabilità l’ambientino promettente che nasconde la sua porta. Dietro agli ingressi aperti s’intravedono chiassosi conciliaboli, giungono molte risate, rumore di bicchieri e di stoviglie, odore di birra e di pesce. In fondo è meglio girare per incontrare qualcosa di vero anche se di prosaico piuttosto che qualcosa di perfetto ma falso.
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