Il partito unico

Alle 13,05 atterraggio a Berlino Est. Ci siamo. Ho la conferma di quanto ho sempre saputo.

Un altro mondo. E’ l’impatto con il controllo più severo (e la nostra è una delegazione ufficiale di una amministrazione di sinistra) dei documenti con scambi di telefonate con chissà chi.

E’ il primo contatto con il tedesco, tagliato con l’accetta, vestito dimessamente, goffo; è la tipica immagine del “lavoratore” così come la presenta la iconografia ufficiale e della quale forse solo io ho il ricordo lontano degli anni di guerra. Dopo aver ritirato i bagagli, incontriamo l’interprete, una voluminosa signora, che ci seguirà nel nostro soggiorno tedesco e un altro accompagnatore che sarà il nostro “angelo custode” affidatoci dal ” Partito” (quì è unico). Inizia l’ospitalita’ di Rostock. Andiamo a mangiare al ristorante dell’aeroporto: piatto di patate cotte con lo strutto, maiale un pò duro e verdure.

Alle 15,30 si parte per Rostock con un pullmino.

Occorre un’ora per attraversare la periferia di Berlino intasata di macchine (ma tutte modeste, molte Daf, neanche una Mercedes) all’ora di uscita dalla fabbriche.

E’ un contatto sia pure epidermico con il volto operaio di Berlino, con tanta gente modesta, tanti soldati, con case vecchie e grigie, anonime, con pochi negozi.

S’imbocca l’autostrada per Rostock lunga 245 Km. Non si paga pedaggio, non s’incontra un rifornitore di benzina per tutto il percorso. Il nostro autista, che sarà sempre lo stesso per tutti i nostri spostamenti, non supera i 90 all’ora: la polizia è severa, fa il controllo dell’alcool con il palloncino, guai bere un bicchiere di birra, solo acqua.