Mestieri
tecnico radiofonicoLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
LibiaData di partenza
1938Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Momenti di vita trascorsi da Ilvo Piccone nella Tripoli colonizzata dagli italiani.
Quando il lavoro lo permetteva mi recavo a Tripoli; approfittavo della vettura della società, oppure mi mescolavo fra la folla araba entro vagoni fatiscenti, stracolmi di olezzi umani e profumi dolciastri di arabi sempre indaffarati a parlare e gesticolare. Giunto a destinazione prendevo una carrozzella, e mi facevo portare sul lungo mare, dove il profumo dell’acqua salata e dei fiori, scacciava dai miei polmoni e dai vestiti l’olezzo del treno. Osservavo attentamente ogni particolare delle cose che vedevo per la prima volta. La città era tutta distesa sul litorale, su una stretta lingua di sabbia pianeggiante ed uniforme protetta dal mare da una lunga e bianca balaustra di marmo. Ai lati del boulevard, due interminabili filari di palme altissime; lungo la strada, delle graziose villette basse con i muri di un bianco abbagliante sonnecchiavano al sole. Erano tutte contornate da piccoli giardini puliti e ben tenuti, tra il verde delle piante occhieggiavano fiori multicolori; le bouganvillee viola, rosse e salmone si arrampicavano lungo i muri, mentre le violaciocche, le rose e le margherite creavano una tavolozza di colori nelle deliziose aiuole. Dagli arabeschi del ferro battuto, ora nero, ora bianco che ornava le finestre, facevano capolino dei grossi gerani rossi e bianchi; più lontano, troneggiava sulla città la grande cupola della Casa Bianca che era la residenza del Governatore. Il cavallino continuava a trotterellare accompagnato dal suono di decine di campanelli che pendevano dai suoi finimenti e mi portava in Piazza Del Panel chiamata poi Italia da dove iniziavano le case; il traffico s’interrompeva, un silenzio improvviso pieno di nostalgia verso il nostro amato Paese calava sulla città. Quando andavo in città, con alcuni miei colleghi eravamo soliti incontrarci all’ora di pranzo in un grazioso ristorante poi tutti insieme andavamo nei suk dove vendevano pigiami e lenzuola di seta giapponese finemente ricamati, tende, tappeti e pelli di animali esotici. Un pomeriggio mi trovavo in Suk El Turk con un’amico di Tripoli. Accanto all’ingresso dei negozi erano esposte le bandiere, era il Natale di Roma.I vessilli aumentavano i colori di una scena già di per se stessa vivace. Un libico si avvicinò ad una bandiera e vi si soffiò platealmente il naso. Lo afferrai per una spalla e con un pugno in pieno viso lo distesi. Poi un’attimo, molti arabi si scagliarono su di noi. Ci mettemmo con le spalle al muro e menavamo calci e pugni. La rissa si stava ingigantendo e per quanto fossimo giovani e robusti stavamo per essere sopraffatti. Gli occhi erano pesti, il sangue colava dalla bocca e dal naso, improvvisamente i nostri aggressori cercarono di dileguarsi; un gruppo di bersaglieri in libera uscita si era buttato in nostro soccorso. Alla fine della rissa ci trovammo al Commissariato. Gli Arabi fermati dai militari furono trattenuti in guardina, noi, all’ospedale per curarci le ferite. A volte mi fermavo in città anche la notte per andare a teatro o in un tipico locale arabo che si trovava in Suk El Muscir, dove in un gran salone, tutto tappeti e cuscini, si esibivano delle giovanissime indigene nelle loro danze rituali, qualche volta ma si doveva essere invitati, giugevano al nudo completo; in quelle occasioni si doveva consumare solo champagne che raggiungeva un prezzo molto alto. Mi piaceva mescolarmi a quella folla eterogenea che si riversava nei suk, nei negozi europei e locali, nelle strade. La mia curiosità mi spingeva anche nelle sinagoghe e nelle Moschee.
Il viaggio
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diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
LibiaData di partenza
1938Periodo storico
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