Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
IndiaData di partenza
1996Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Una lettera ai genitori, racchiude una riflessione molto intima sui motivi della partenza per l’India, per una missione in un lebbrosario, alla quale si accinge Lucia Gregoretti.
LETTERA Al MIEI GENITORI Prima della partenza per l’India. 2/8/96
“Si parte per poesia, si resta per fede”: questa risulta essere l’espressione più aderente alla mia esperienza di vita. Poesia e Fede: due binari che corrono paralleli. L’uno apporta all’altro i misteri e i segreti che sono imperscrutabili, quando una delle due vie si fa titubante, incerta fino a rendere irriconoscibile il suo percorso, ecco interviene l’altra a ristampare il tracciato della prima. Sento di partire per la Missione come tempo fa ho sentito di studiare Lettere. In ambedue i casi, più che aver compiuto la scelta, ho lasciato che fosse la scelta stessa a sedurmi e a travolgermi. Sia Lettere sia la Missione hanno il sapore di qualcosa che a lungo è stato conservato e custodito nell’animo. A distanza di cinque anni, quando ripenso ai dubbi e alle titubanze, ai pianti che hanno accompagnato la decisione di intraprendere Lettere, sorrido un po’. Le lacrime erano un segnale: indicavano la paura che si prova ad essere trascinati da qualcosa che si porta dentro e non è disposto a restare appartato e nascosto. All’inizio dell’università provavo un enorme ritegno a rivelare la natura dei miei studi, mi sembrava che pronunciando la parola “lettere”, osassi dire un po’ troppo di me. Alla domanda “Cosa studi tu Lucia?”, lasciavo che altri, amici o conoscenti che mi stavano attorno, rispondessero al mio posto, io, da parte mia, mi limitavo ad annuire, a confermare con un cenno, quasi quella risposta fosse un peso troppo grave da sostenere che richiedeva concentrazione e non ammetteva distrazioni. Una volta pronunciata la parola Lettere, mi piaceva ritrovare quell’intimità e quella segretezza con cui sempre avevo animato questa parte di me, rintanandomi in un altro segreto: la missione. Per la prima volta, mí viene spontaneo rispondere alla fatidica domanda “Cosa studi?” a Gerasa, in Giordania, nello stesso giorno in cui vado a visitare una missione di suore all’ospedale di Amman. Da quel momento il coraggio di Lettere rende vivace la Missione, come quest’ultima infervorisce il desiderio di poesia. La poesia, come la preghiera, esige una ritualità irrinunciabile, richiede la concentrazione su se stessi che si può ritrovare al calare della sera. La poesia, come la preghiera, si avvolge in un atto riservato che si pratica nel silenzio e del quale si è restii a far parola. La poesia, come la preghiera, si arricchisce del dono che porta con sè: e come un dono concentra la sua riuscita negli attimi che lo precedono -paura di non offrire un dono gradito-e negli attimi successivi all’offerta che si caricano di gioia e felicità. Ho passato molti giorni a trovare sostegno alle difficoltà incontrate, nella poesia come nella missione: la prima offre quel giusto senso di precarietà che ti fa sentire l’esperienza della vita come qualcosa di non concluso, segue la seconda che propone la possibilità di rinnovarsi e rinvigorirsi…. Ora che sono in procinto di partire faccio fatica a riprendere la mia consueta familiarità con questo pensiero: ho sempre pensato alla missione come alla parte incolta del giardino dove con l’accetta si liberano le piante da frutto, il gesto ripetitivo permette di sciogliere i pensieri che campeggiano insolubili nella mente….dopo un po’, si esce di lì malconci, ma più sorridenti. Di tutto il giardino quella è la parte che preferisco, invito un amico a un’amica ad attraversare tutto il prato ben coltivato per arrivare fino a lì: o si resta sulla soglia e si getta solo uno sguardo dentro, oppure ci si addentra
Il viaggio
Mestieri
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IndiaData di partenza
1996Periodo storico
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