Rientro a casa

Mi portonno a Trento, po’ da Trento mi portonno all’ospedale a Merano, a C. R. n° 64. Mi tagliarono tutto: capelli, barba. Ci misero tutti asseduti su delle panche fòri, po’ ci fecero le fotografie: erimo de’ fagotti di stracci, ‘un rimo delle persone, non si vedeva gnanco la faccia! Ci sono stat’un mese. Mi misero un piede drento a una bacinella. Ancora ‘un mi ci core ‘l sangue drento. Avo ‘l congelamento sempre al primo grado di quando ero ‘n Siberia. Come ‘un ho patito quando sentivo caldo che sangue… Mi taglionno tutta la pelle così e così e mi hanno spellato tutto ‘l piede, come levammi un paio di calzette. Mi hanno messo a mollo drento un secchio tutt’una nottata, lì asseduto su una poltrona. E io non ho mangiato per cinque giorni. Mi portavino de’ piatti di riso, mi ricordo. Mi facevino cinque punture al giorno. Ci sono stat’un mese e poi mi mandarono a casa col treno. Fecero ‘l foglio di via, mi vestissero, mi dettero un cappotto, pantaloni, un paio di mutande, mi ricordo, mezze rotte. Avo dato già i 120 nomi che mi ricordo tutti sempre ancora alla CRI. La CRI ava scritto a mi’ mamma e dopo un mese dissero che ero guarito.