Mestieri
registaLivello di scolarizzazione
frequenza universitariaPaesi di emigrazione
Cina, Malesia, NicaraguaData di partenza
1978Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Temi
amiciziaTemi
amiciziaTra gli incontri più speciali che Daniele Cini fa in Nicaragua, nel 1986, durante un viaggio di lavoro, c’è quello con un ragazzo rimasto invalido perché colpito da una pallottola negli anni della rivoluzione.
Managua, sera del 21 Passo tutta la domenica sul mio soggetto, sono febbrilmente gasato. Andiamo alla laguna di Apoyo, un’altra pozza dentro un vulcano, e ne discuto animatamente con Piero. Ci preoccupiamo della credibilità di una storia del genere al nostro ritorno in Italia, eppure al momento ci sembra tutto molto vero… Così, mentre mi figuro il più utopico dei racconti d’amore, continuo a fare incontri talmente struggenti, da renderlo inferiore alla realtà. Siamo tornati a casa ubriachi di Ron Oro, sbandando fra le sagome più sbronze di noi che vagano nella notte sulla carrettera Masaya, con l’ordinaria irresponsabilità che qui ti fa vivere tutto come un film. A Esquipulas, da Fiorella, tanto per cambiare si fa festa. Si sentono da fuori dell’appartamento le note di una chitarra e voci latine che cantano interrompendosi spesso con grandi risate e rumori indefiniti: chiasso allo stato puro. Benone! Dentro, ci saranno quattro-cinque persone che fanno casino per cinquanta. Mi colpisce subito il viso intensissimo e lo sguardo penetrante di uno, seduto dietro un tavolo. Fiorella fa le presentazioni; e quando arriva al giovane seduto, prima che mi dica qualsiasi cosa, mi accorgo che è su una carrozzella e ha il corpo paralitico terribilmente piccolo e deforme. La sproporzione con la bellezza del volto, guardandolo da vicino, è abbacinante. Lui si accorge del mio sbandamento e anticipa Fiorella presentandosi: Uriel. Uriel è quel genere di mostri che appartengono alla categoria degli dèi; ha talmente sviluppato la testa che ha unito nella sua persona un’intelligenza acuta e cosmopolita a una sensibilità e una dolcezza angelica, tanto che dopo un po’ che ci parlo, la sua disgraziata figura s’immaterializza, come se fosse fatto di solo spirito. Girano parecchi joint e tutti siamo su di giri. Parlo con Uriel di filosofia, poesia, natura: mi sembra però che sia lui ad anticipare i miei pensieri, quasi a guidarmi là dove voglio andare io. Ancora parlo di musica, letteratura, paesi lontani, domando come possa un tetraplegico di una paese sottosviluppato, conoscere così bene il mondo. Intanto gli altri ballano, e una di loro prende le mani inerti di Uriel dondolandole a ritmo; lui ride come un bambino, ride singhiozzando, scuote tutto quel poco del suo corpo che riesce a muovere, scoppia di animalesca felicità. Mentre lo guardo fare questo gioco mi viene da piangere in un modo così irrefrenabile che vorrei scappar via, ma sono incastrato dietro a un tavolo. Cerco di coprirmi, ma Uriel ha visto le mie lacrime cadere su un foglio, ha visto la mia schiena sussultare: sto singhiozzando e non mi nascondo più. Mi chiede se è per lui che sto piangendo e io gli rispondo di sì. Uriel non vuole che io pianga per lui: stasera è felice e noi siamo diventati amici. Gli lascio il mio letto e dormo per terra su una stuoia. Quando Uriel si è addormentato, Fiorella mi racconta che è così perché è stato colpito da una pallottola alla schiena negli anni della rivoluzione. Da allora il suo corpo ha cominciato a deformarsi, per una strana infezione al midollo della spina dorsale. Ora fa l’avvocato penale, ha un figlio di dieci anni e una bellissima moglie.
Il viaggio
Mestieri
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