Mestieri
barbiereLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
AlbaniaData di partenza
1940Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)L’Italia occupa militarmente l’Albania, nella primavera del 1939. Carlo Cipriani, soldato arruolato in fanteria, è costretto a partire.
Verso la fine del mese di aprile improvvisamente tutti gli anziani del nostro reggimento cioè coloro che aspettavano di giorno in giorno di andarsene in congedo, partirono per destinazione ignota in pieno assetto di guerra. Solo pochi giorni dopo si seppe dai giornali che le truppe italiane avevano sbarcato in Albania e che stavano procedendo alla totale occupazione del territorio albanese. Fortunatamente avevano incontrato soltanto una scarsa, resistenza perché Re Zog si era preoccupato soltanto di lasciare al più presto l’Albania per rifugiarsi in Grecia. Noi restammo ancora a Firenze per completare la nostra preparazione militar per poi dover raggiungere al più presto il nostro Reggimento dislocato in Albania. Per questo motivo il nostro addestramento richiedeva sempre maggior sacrificio, perchè il nostro fisico doveva a poco a poco essere abituato a tutti i disagi che può incontrare un reparto in zona di guerra. Ci vennero fatte alcune iniezioni di vaccino antitifico, una preventiva e prolungata cura di chinino ed ogni giorno ci davano alcune sommarie istruzioni riguardo alle più urgenti ed immediate cure da apportare in caso di necessità. Da tutta questa affrettata preparazione era alquanto evidente che si trattava dei preliminari per la nostra imminente partenza.
[…] La mattina del 1 Luglio suonò la sveglia con un’ora di anticipo. L’ordine era di preparare tutta la nostra roba e tenerci pronti per ha partenza che doveva arrivare da un momento all’altro. Li per li fu come se avessi ricevuto una mazzata in testa, non sapevo che decisione prendere, poi ebbi un moto spontaneo di reazione e corsi giù nel cortile col proposito di tagliare la corda. Le porte di uscita però erano tutte sprangate solo il portone d’ingresso risultava aperto ma severamente sorvegliato da una scorta amata. Nessuno per nessuna ragione poteva uscire! Questi erano gli ordini tassativi che il servizio di guardia doveva far rispettare. Ormai era chiaro che non c’era più nulla da fare. Piangere, ridere, implorare e maledire non avrebbe avuto senso, non avrebbe comunque servito a nulla. Ritornai in camerata a preparare lo zaino, ma dentro di me avevo qualcosa che mi rodeva l’anima. Non potevo pensare di dover partire, con moltissime probabilità di non poter neppure tornare, con l’amarezza nel cuore di non aver potuto rivedere né salutare i miei familiari.
[…] Indolenziti per il lungo e malconcio viaggio il pomeriggio successivo scendemmo alla stazione di Bari. Ancora storditi dal frastuono del treno ci incamminammo lentamente verso il porto. Qui ci venne distribuito un po’ di rancio caldo e cioè un po’ di riso cotto forse dal giorno prima con dentro le solite lenticchie stantie, cavolo, patate, carote ecc, insomma un delizioso pastone che neppure i maiali ci sarebbero degnati di annusarlo. Mentre gustavamo questa colorata leccornia un ufficiale ci comunicò che la sera stessa alle ore 23 precise dovevamo imbarcarci sulla “Toscana” che salpava alla volta di Durazzo (Albania). Si trattava di una nave da trasporto che effettuava regolarmente dei viaggi trisettimanali con Durazzo ed era lì che si lasciava cullare dalle onde placide del mare in bonaccia. Ricevemmo l’ordine di caricare il nostro materiale culla nave che consisteva, oltre alle poche cianfrusaglie personali, in una scorta di viveri ed un po’ di materiale bellico. Era giunto cosi il momento di lasciare l’Italia. Era la prima volta che affrontavo un viaggio in nave e sapevo di andare in un paese lontano e sconosciuto e questo naturalmente mi rendeva estremamente nervoso e taciturno. Frastornato da molti tristi pensieri re ne andai in “coperta” in cerca di solitudine.
Il viaggio
Mestieri
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